Dopo l’Ocse, l’Unione europea: ogni giorno porta le sue previsioni negative, che uccidono il morale, mentre anche un’attesa psicologica positiva del futuro potrebbe dare un contributo all’uscita dalla crisi. Bruxelles ha rivisto in peggio le previsioni dello scorso febbraio, a riprova che la cura di austerità, che prosegue dappertutto, non serve e, anzi, ha effetti negativi. Otto paesi della zona euro saranno in recessione quest’anno: oltre all’Italia (meno 1,3%), Francia (meno 0,1%), Grecia (-4,2), Portogallo (-2,3), Spagna (-1,5), Olanda (-0,8), Slovenia (-0,2). La situazione peggiore sarà a Cipro, travolta dalla crisi bancaria: meno 12,6% del pil previsto tra quest’anno e il prossimo.

Di qui lo sfogo di Hannes Swoboda, capogruppo S&D all’Europarlamento: “di quante prove in più hanno bisogno sull’austerità che sta uccidendo l’economia europea? – ha affermato – ancora una volta ci dicono che la ripresa arriverà un giorno, ma solo se è mantenuta la politica di dura austerità, ma in realtà l’austerità è fallita e le ultime previsioni lo provano di nuovo”.

Eccole: per il terzo anno consecutivo la zona euro sarà in recessione, il pil dei 17 cadrà ancora dello 0,4% (meno 0,1% nei 27). Per l’Italia le previsioni si anneriscono quest’anno: meno 1,3% (a febbraio la Ue aveva previsto meno 1%). Il prossimo ci potrebbe essere una timida ripresa dello 0,7% (previsione ben al di sotto di quella del governo, che è a +1,3%). Il debito, malgrado la cura di austerità che punta alla sua diminuzione, aumenta: 131,4% quest’anno, 132,2% nel 2014.

Su questo fronte, l’Italia è battuta solo dalla Grecia, indebitata al 175%. Piccola consolazione, la stretta ha ridotto il deficit, che per la Commissione – a differenza dell’Ocse – sarà sotto il 3% (2,9%) e permetterà di intravvedere l’uscita dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo. “La stima del 2013 facilita l’uscita dell’Italia dalla procedura” ha confermato il commissario alle politiche economiche e monetarie, Olli Rehn, che però attende i “dettagli delle riforme” per pronunciarsi definitivamente.

Rehn ha precisato: “con un debito così elevato è necessario proseguire sulla strada del risanamento”. Una austerità senza fine, che sarà pagata da un aumento della disoccupazione, superiore al 12% in Italia, in linea con la media della zona euro. Le cifre della disoccupazione italiana raccontano da sole l’inefficacia del rigore: 8,4% di senza lavoro nel 2011, saliti al 10,7% nel 2012 e al 12,2% quest’anno. Nel 2014 resteranno il 12,1%. “Quello che è stato fatto finora semplicemente non funziona – ha commentato Swoboda – abbiamo bisogno di ripensare completamente la politica economica dell’Unione europea, di mettere fine all’ideologia neo-liberista in corso, per generare crescita e creare lavoro”.

La Commissione lo ammette: “la crescita è troppo lenta per ridurre le disoccupazione”. Ma Olli Rehn mette le mani avanti e afferma che il ritmo degli sforzi di consolidamento rallenta, sottolineando pero’ che “in parallelo bisogna intensificare la messa in opera di riforme strutturali”. Di fronte a questa situazione, Spagna e Francia hanno ottenuto due anni di tempo in più per rientrare nei parametri dei deficit (rispettivamente del 6,5% e del 3,9%). Le previsioni sul deficit francese sono pessime per il 2014 (al 4,2%, con una crescita all’1,1% e un debito al 96,2%). Il ministro delle Finanze, Pierre Moscovici, vede in questa concessione di Bruxelles il segnale che all’orizzonte c’è un “ri-orientamento della politica europea”, che dovrebbe basare i suoi calcoli “sui deficit strutturali invece che sui deficit nominali”. Ma sta di fatto che per Bruxelles Parigi non puo’ sfuggire al rigore, in particolare con una nuova riforma delle pensioni. Anche Christine Lagarde, dell’Fmi, indossa i panni di Tina, un tempo di Thatcher: there is no alternative (al rigore).