Fu difficile per Elizabeth Taylor recitare quel giorno. Non doveva essere così. Taylor, attrice da quando era bambina, non aveva battute da memorizzare quel giorno ma doveva semplicemente ascoltare l’altro personaggio ed interpretare le reazioni del suo. L’altro personaggio era Jett Rink, e l’attore che lo interpretava, James Dean, era morto pochi giorni prima in un incidente stradale; quando il film – Il Gigante – finalmente uscì nelle sale nel 1956 Taylor apparve sulla scena davanti ad un fantasma. Fra un taglio e l’altro James Dean era ancora vivo ma quando vide Elizabeth Taylor era morto.

Quando iniziai a guardare film, c’erano ancora tanti vivi nel mondo del cinema, anche in quello in bianco e nero. David Niven, Cary Grant, Elizabeth Taylor e Richard Burton respiravano ancora: perfino Charlie Chaplin era ancora in vita, anche se in Svizzera. I morti erano i cadaveri giovani e belli di James Dean e Jane Mansfield, o quelli leggendari del cinema muto. Circolavano voci di morti durante le riprese della corsa con le bighe in Ben-Hur tre anni dopo la morte di Dean, ma se guardiamo Ben-Hur oggi sono quasi tutti passati a miglior vita, da Charlton Heston a Stephen Boyd, suo amico–nemico, anni fa. Così pure tutti gli altri concorrenti della corsa, la folla, Jack Hawkins, e quasi tutte le comparse che riempivano lo stadio costruito per l’occasione a Cinecittà. Fra loro ci sarà qualche sopravvissuto spero, forse un bambino o due; Haya Harareet l’attrice israeliana che recitava Esther è ancora viva, ma sarà una dei pochi.

I morti viventi – The Walking Dead se vogliamo – sono sempre più numerosi sul grande schermo e non solo nei film dell’orrore. Così numerosi infatti che ogni anno agli Oscar parte della cerimonia viene dedicata al ricordo dei defunti più recenti. E’ sempre un momento scomodo, con il pubblico incerto se applaudire o meno quelli che sono entrati in una fase nuova della loro carriera, diventando icone nel Paradiso cinematografico oppure in Purgatorio in attesa di essere rimasterizzati o restaurati, rivalutati, e forse dimenticati per sempre in Inferno. Ormai siamo abituati alle immagini di morti proiettate nel buio. Il cinema sconfigge la morte, nega l’impatto degli anni che passano, nega la mortalità. Quando Oliver Reed scomparve nel1999 a Malta durante le riprese de Il Gladiatore il suo ruolo fu completato con l’aiuto del CGI; le morti di Philip Seymour Hoffman e Paul Williams hanno costretto i produttori a due ‘rewrite’ ma lo spettacolo deve andare avanti, con un montaggio ingegnoso naturalmente. La morte improvvisa di Robin Williams è uno shock per tutti ma sapere che subito dopo in TV ci sarà una retrospettiva dei suoi film più famosi è quasi una risurrezione.

Quando oggi guardiamo Il Settimo Sigillo vediamo il cavaliere Max Von Sydow giocare a scacchi con La Morte sulla spiaggia. Nel film di Ingmar Bergman rivelare il vincitore non è uno SPOILER, ma Sydow in realtà è vivo e non solo: ha un ruolo nel nuovo Guerre Stellari. Invece La Morte, Bengt Ekerot, è morto più di quarant’anni fa.

Ma poco importa. Sullo sfondo, le onde del Mare del Nord si infrangono sugli scogli mentre Sydow ed Ekerot giocano, e continuano a infrangersi nel film. E così anche Ekerot rimane lì, e le comparse, gli attori e i cavalli di Ben-Hur, Oliver Reed, Heath Ledger, perfino James Dean ed Elizabeth Taylor, tutti scomparsi per sempre ma per sempre, come per magia, lì.