Cosa c’è di più fico di un gioco con gli zombi? Un gioco dove, oltre ad eliminare zombi, si devono bere litri e litri di birra! Che altro potevano pensare gli sviluppatori spagnoli di PadaOne? Dai quali, a rifletterci su, ci si poteva attendere un tale livello di profondità: provate a leggere il loro nome in inglese e vi scoprirete un riferimento a Star Wars, ma è solo il primo degli “easter egg” di Zombeer, un demenziale survival-horror-first-person-shooter, già disponibile sullo store di Playstation e annunciato in arrivo anche su PC e MAC.

Il protagonista (noi stessi, dato che il gioco è in prima persona) viene risvegliato in un bar dal messaggio al cellulare della sua fidanzata che si vendica dei suoi/nostri eccessi (con ballerine messicane, oltre che ovviamente con la birra) andando ad una festa col preside della nostra scuola. Dobbiamo impedire che la nostra ragazza ci venga soffiata dal preside, ma tutto intorno a noi osserviamo un disastro apocalittico e, con l’unica difesa di un vibratore prima – usato a mo’ di manganello – e di uno sparagraffette poi (anche se con l’avanzare del gioco si troveranno armi più potenti ma non meno demenziali), ci dobbiamo far strada tra rovine urbane fino alla nostra scuola dove il preside zombi passa il tempo azzannando le chiappe alle ragazze e guidando gli zombi alla conquista della città. Ben presto scopriamo che l’unica cosa che ci impedisce di diventare zombi è proprio la birra, quella di marca Zombeer appunto, misteriosamente prodotta nei locali stessi della scuola. Nel nostro peregrinare per i meandri dell’istituto non dovremo solo affrontare zombi – tra cui ovviamente le locali cheerleader dotate di enormi seni ondeggianti – ma anche mantenerci nel giusto mezzo tra il diventare sobri e zombi o ubriachi e morti, continuando a bere bottiglie di birra, districarci qua e là in qualche breve “quick time event” e scoprire l’ennesimo assurdo riferimento: dai giochi musicali con suoni e colori a Super Mario, a tantissimi altri riferimenti ludici e cinematografici (per dire: si parte con il nostro personaggio che dopo aver bevuto la prima birra esclama che gli piace l’odore di Zombeer al mattino).

La grafica non è certo al livello degli sparatutto più blasonati, ma non è solo il fatto di essere un gioco 100% self-published ed indipendente (come per altro orgogliosamente rivendica PadaOne nel comunicato stampa) a riscattare Zombeer: la sua autocelebrativa assurdità, il suo essere perennemente sopra le righe, ignorando volutamente qualsiasi “politically correct”, il fracassone hard rock che ci accompagna, lo rendono immediatamente simpatico. Nonostante il suo essere demenziale Zombeer non è particolarmente frenetico (perlomeno quando non siamo attaccati dagli zombi) per dare modo di notare i vari elementi/riferimenti sparsi nell’ambientazione. Più ancora che gli zombi il rischio è determinato dal difficile equilibrio tra ubriacatura e zombificazione che, nel livello più elevato di difficoltà, fa si che la durata dell’effetto della birra decada velocemente costringendoci alla ricerca di bottigliette e di distributori che vanno hackerati. Con l’handicap che, prima dell’ubriacatura – e conseguente game over -, c’è uno spazio di alterazione dei sensi in cui non decediamo ma non riusciamo a camminare dritti o a prendere la mira. Si aggiunga qualche gadget da raccogliere (statuette messicane e riviste con procaci zombie nude) a rendere più piccante la pietanza e si ottiene un titolo non profondo, non epocale, ma perfetto per la più soddisfacente “sveltina videoludica” che si possa desiderare.