I fatti parlano da soli. E sono molto gravi, sia in relazione al singolo episodio sia rispetto a un quadro più generale – dentro il quale stanno precedenti episodi analoghi – che segnala un rischio molto serio per la libertà di informazione. Martedì scorso i carabinieri, su mandato della procura di Tempio, hanno sottoposto a perquisizione personale la giornalista della Nuova Sardegna Tiziana Simula e messo sottosopra la sua postazione di lavoro. Hanno perquisito anche l’auto e l’abitazione della cronista.

IL MOTIVO PER CUI l’attività della redattrice del quotidiano sardo è finita nel mirino degli inquirenti è legato a due articoli pubblicati sabato e domenica scorsi e relativi ai «veleni» che circolano nel palazzo di giustizia di Tempio, sconquassato da una bufera investigativa. Dall’arresto del giudice Vincenzo Cristiano per corruzione in atti giudiziari a una maxi inchiesta su alcune aste pilotate, con sei magistrati indagati; sino all’esposto trasmesso qualche giorno fa dalla Procura di Tempio a quella di Perugia, un dossier di 28 pagine in cui l’ex presidente del palazzo di giustizia Francesco Mazzaroppi accusa l’ex procuratore Domenico Fiordalisi di aver «nascosto» un fascicolo relativo a un’inchiesta per bancarotta fraudolenta. Ed è proprio quel documento, di cui La Nuova Sardegna ha dato conto, ad aver provocato l’indagine nei confronti di Tiziana Simula, indagata non per violazione del segreto istruttorio ma, in base all’articolo 362 del codice penale, per omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio. Un’accusa palesemente senza fondamento: Tiziana Simula è una giornalista e non un’incaricata di pubblico servizio.

L’EPISODIO STA SUSCITANDO reazioni molto forti contro la condotta del magistrato Andrea Garau, il pm di Tempio che ha disposto la perquisizione e le indagini nei confronti della cronista. «Sconcerto e forte condanna» sono stati espressi dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti in una lettera inviata a Sergio Mattarella, al ministro della giustizia Andrea Orlando e al procuratore generale presso la corte d’appello di Cagliari Maria Gabriella Pintus. Alla lettera ha aderito anche la Federazione nazionale della stampa. L’altro ieri i consiglieri dell’Ordine e la segreteria della Fnsi hanno organizzato, nella sede romana dell’associazione professionale dei giornalisti, un flash mob, tappandosi le bocca e le orecchie e oscurandosi gli occhi, per mostrare – hanno spiegato in una conferenza stampa il presidente dell’Ordine Carlo Verna e il segretario della Fnsi Raffaele Lorusso – «indignazione per il grave attacco alla libertà di stampa».
Nella lettera si chiede anche «un immediato intervento anche ispettivo per accertare comportamenti fortemente lesivi dei primari diritti costituzionali e della libertà di stampa, principi costantemente ribaditi anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo».

«LA NOSTRA È una reazione ferma e decisa – ha detto Lorusso – Il messaggio deve essere chiaro: nessuno qui fa una difesa corporativa, il caso ha una rilevanza generale. La perquisizione di Olbia, ordinata da un magistrato contro una giornalista che ha fatto solo il suo lavoro, è la punta di un iceberg, un elemento che si inserisce nell’escalation che punta a ridurre gli spazi della libertà di stampa». Lorusso ha quindi citato gli ultimi casi di perquisizioni di giornalisti alla Stampa a Torino, al Sole 24 ore a Milano, a Napoli e Salerno.

«C’è la volontà – ha aggiunto Lorusso – di dire alla stampa di non impicciarsi troppo. Quello che è avvenuto a Olbia è gravissimo, non solo perché i carabinieri hanno profanato il tempio laico che è la redazione, ma anche perché la collega ha subito una perquisizione per aver dato la notizia di un esposto su presunte irregolarità commesse da magistrati. In un paese civile non ci possono essere santuari intoccabili. Comincio a chiedermi dove stiamo andando e dove siano le differenze tra il nostro paese e la Turchia».

«SIAMO INDIGNATI per quanto accaduto in Sardegna e prima anche altrove – ha aggiunto Verna – Ora basta, non è possibile che l’Italia, che è già indietro nelle classifiche per la libertà di stampa, scenda ancora e che si continui con queste minacce a diritti tutelati dalla Costituzione e dalle norme europee». Lorusso ha anche annunciato la richiesta di un incontro ai nuovi presidenti delle Camere per riprendere i dossier lasciati aperti nella scorsa legislatura, che sono: le norme sulla cancellazione del carcere per i cronisti, sul contrasto alle querele bavaglio e sull’eliminazione del lavoro precario nelle redazioni.