«Ho fiducia nella coerenza di Conte». Alla vigilia dell’informativa del premier al senato sul Mes, il meccanismo europeo di stabilità, Nicola Zingaretti cerca di rassicurare chi lo interroga. Non aiuta il ricordo del non lontano 20 agosto scorso in cui, proprio al senato, fu lo stesso premier ad aprire la crisi del governo gialloverde. Ma il segretario Pd crede che il premier riuscirà a ricompattare la maggioranza.

NEL PIENO DI UNA SESSIONE di bilancio tormentata, funestata dalle inchieste sul milieu renziano e dal ritorno in campo di Alessandro Di Battista, ostile all’alleanza M5s-Pd, l’ingarbugliata vicenda del Mes è solo uno dei massi sulla strada del governo. Con i suoi Zingaretti non nasconde l’apprensione per il domani. «La priorità è riaccendere l’economia», spiega. «Siamo preoccupati perché dibattito interno ai 5 stelle rischia di farci mettere in una posizione di perenne fibrillazione. Non dobbiamo generare il “costo dell’incertezza” che ha caratterizzato il governo giallo verde».

IL PARTITO, CON DIVERSE sfumature, è con lui. A Milano si riunisce la corrente Base Riformista in versione «ago della bilancia» interno a cui vanno a rendere omaggio in molti, dal vicesegretario Orlando a un lanciatissimo Giorgio Gori. Dal palco il ministro Lorenzo Guerini insiste sull’«atto di responsabilità verso il paese» che sta facendo il Pd perché «governare è complicato, si fanno compromessi, ma quando non governiamo noi questo paese lo governa la destra, i populisti». Graziano Delrio parla del Mes con preoccupazione: «Mi aspetto che le legittime critiche del nostro alleato non portino a provocare una crisi di credibilità per il paese».

L’INCOGNITA INSOMMA sono i 5 stelle. Soprattutto Di Maio. «Se vuole inseguire Salvini per ragioni interne si assume la responsabilità», dicono dal Nazareno. E il segretario sottolinea con i suoi che al contrario «il Pd è l’unica certezza contro la destra. È presente e alternativo ovunque, e corre per vincere».

SI RIFERISCE ALLE REGIONALI. Ieri il sì alla corsa calabrese di Pippo Callipo è stato vissuto al Nazareno come il colpaccio che può segnare un cambio di passo nella corsa al voto del 26 gennaio. Per quel sì hanno lavorato fino all’ultimo il commissario dem Stefano Graziano e lo stesso Zingaretti. Ora l’imprenditore del tonno, nome civico a suo tempo corteggiato anche dal M5s, può riaprire una partita considerata chiusa sin dall’inizio. E se i renziani restano alla finestra considerando la mossa «un po’ azzardata», fra i 5 stelle calabresi invece il colpo di scena provoca uno scossone. Del resto nelle ultime ore si va chiarendo che la scelta del professore Francesco Ajello è stata infelice: con le sue ‘gaffe’, la vicinanza all’uscente Oliviero e la sua villetta «parzialmente abusiva». Se i 5 stelle sono in confusione, Zingaretti invece spiega ai suoi che Callipo, accettando di correre, «ha fatto un gesto di grande generosità. È un altro segnale dell’Italia a cui rivolgerci».

SEMPRE SUL FRONTE delle regionali, ieri in Emilia Romagna Stefano Bonaccini ha incassato l’appoggio di Italia in comune dei sindaci Federico Pizzarotti e Alessio Pascucci. Alla fine dell’assemblea del «partito», a cui ha partecipato lo stesso Bonaccini, il sindaco di Parma ha annunciato: «Riteniamo che il percorso positivo intrapreso dal governatore debba proseguire». Con una strizzata d’occhio alle ‘sardine’: «Il centrosinistra, qui, ora, adesso, deve tornare a rappresentare gli italiani delusi e sfiduciati, anche chi ultimamente è tornato a occupare liberamente e pacificamente le piazze».

ECCO PERCHÉ «noi ovunque siamo una certezza contro la destra», come insiste Zingaretti. Anche in Toscana dove il segretario ha dato la sua benedizione al candidato Eugenio Ciani