Il pranzo fra Romano Prodi e Nicola Zingaretti doveva restare se non segreto almeno riservato. E invece ieri la ’notizia’ è rimbalzata da Bologna, dove il candidato favorito alle primarie Pd si è fermato anche oggi per l’assemblea della sua ’Piazza Grande’. L’incontro viene definito «cordiale». Arriva dopo le parole dure che il professore aveva pronunciato quattro giorni fa a Bruxelles sul Pd, giudicato privo «di un’idea, una prospettiva, un leader». Parole che non erano un complimento per il Zingaretti. Che però aveva evitato la polemica, anzi elogiando il professore, padre dell’unità delle forze democratiche, «il solo che ha vinto per ben due volte contro il centrodestra» e che sul Pd «dice parole crude, ma di verità. Sono tornato alla politica dopo tanti anni di amministrazione e ho trovato molte macerie».

FORSE PRODI SI ERA SENTITO un po’ trascurato, da padre nobile delle coalizioni di centrosinistra. Ed è vero che Zingaretti è sempre tiepido, se non freddo, verso i protagonisti del passato per paura di essere bollato come un «restauratore» da parte degli ex rottamatori. Ma c’è da scommettere che oggi non gli dispiacerebbe ricevere, se non un endorsement, almeno un cenno pubblico di cortesia da parte del fondatore dell’Ulivo, magari per sottolineare la vocazione coalizionista della sua futura segreteria.

ANCHE IN VISTA DEI GAZEBO. Che ora diventano la cruciale incognita della seconda fase del congresso. Alle ultime primarie, quelle del 30 aprile ’17 che portarono per la seconda volta Matteo Renzi alla segreteria, andarono a votare in un milione e ottocentomila. Fra i zingarettiani c’è chi pronuncia a voce alta la fantasia di raggiungere quella quota. La verità è un’altra: che le previsioni fin qui non vanno al di sopra del milione. E non fa sperare a un risultato migliore l’affluenza dei circoli: fin qui si parla di una generica metà degli iscritti. Ma il numero reale delle tessere resta un mistero del Nazareno.

OGGI INTANTO I CONGRESSI dei circoli si chiudono. Secondo gli ultimi dati diffusi dalla mozione Zingaretti, quindi non «bollinati» dalla commissione del Nazareno, su 136mila votanti, il 50,8 per cento è per il presidente della regione Lazio, il 32,6 per Maurizio Martina, il 12,2 per Roberto Giachetti, il 2,9 per Francesco Boccia, lo 0,8 per Dario Corallo e lo 0,7 per Maria Saladino. Secondo il portale Youtrend, che monitora le primarie, «il vantaggio di Zingaretti non diminuisce. Martina insegue ovunque, e non riesce a sfondare al Sud, dove anche Boccia riesce a superare il 10% solo in Puglia. Giachetti delude a Roma» (Nella capitale i dati provvisori parlano del 17, 9 contro il 54,4 di Zingaretti e del 22,3 di Martina).

Zingaretti però esulta per l’insperata vittoria a Milano (45,3) e in Lombardia (42,7), «casa» dello sfidante Maurizio Martina, dove il segretario uscente è stato a lungo capo dei Ds, poi del Pd, consigliere regionale e infine, da ministro dell’Agricoltura, grande sponsor dell’Expo 2015.

UN RISULTATO che gli fa «particolarmente piacere», ha scritto Zingaretti ieri sulla Repubblica edizione ambrosiana, «per il peso specifico dentro il contesto italiano» ma anche «perché questi territori rappresentano un laboratorio di una nuova e bella politica». Il riferimento è al sindaco Beppe Sala e al suo predecessore Giuliano Pisapia, due «coalizionisti» non renziani che hanno voluto un’alleanza ampia che assomiglia molto a quella di Zingaretti nel Lazio. E a quella che ha intenzione di ricostruire a livello nazionale.

DOPO UN’INIZIALE FREDDEZZA verso le primarie, Sala ora sembra pronto a dare una mano al vincitore, in vista soprattutto delle elezioni europee. Ieri, al congresso di +Europa, ha incontrato Carlo Calenda. L’ex ministro gira l’Italia per presentare il suo «manifesto europeista» e si dichiara pronto a correre per Bruxelles – dubbi ce n’erano pochi per la verità – a patto che «il Pd stia dentro il manifesto, deve supportarlo e non deve cedere alla tentazione di egemonizzarlo, perché se sarà così non mi presenterò».

L’EX MINISTRO FA E DISFA la sua tela per una lista europea. Nei giorni scorsi aveva incassato un sì da sinistra, quello di Laura Boldrini. Ma dopo i veti su Leu, l’ex presidente ha espresso il dubbio che la proposta di Calenda non finisca per essere semplicemente rivolta «a chi ha votato il Pd alle scorse elezioni».