«Mi ricordano il Gatto e la Volpe che portavano Pinocchio nel Paese dei Balocchi. Questa storia deve finire». «Non sono d’accordo su niente, sono uniti solo dalle poltrone. L’Italia non si merita tutto questo». In questi giorni il segretario Pd Zingaretti attacca il governo alzo zero e chiede ripetutamente il voto anticipato. È chiaro che l’innalzamento dei decibel è nella fisiologia dell’ultimo tratto della campagna per le europee. Ma nell’insistenza sul tasto del voto c’è di più. In queste ore dal Colle si guarda con apprensione agli insostenibili conflitti fra i due alleati-avversari di governo. L’ipotesi di una crisi dopo le europee è ancora improbabile, ma non da escludere.

Per questo il Pd vuole far crescere nel senso comune del paese, perché il Colle intenda, la sua indisponibilità a quello che al Nazareno chiamano «un Monti 4.0», ovvero un governo di responsabili che si carichi una manovra insostenibile. Il 2 maggio il segretario Pd ha riunito il suo ufficio politico con i parlamentari più impegnati sul fronte economico. Tema: capire le proposte da opporre agli eventuali «trucchi» i gialloverdi nella legge di bilancio. L’analisi ha dato risultati sconfortanti. Tutto fa pensare che la maggioranza esploderà per non affrontare la prova della finanziaria. Così Zingaretti ha messo le mani avanti: «Se verrò chiamato per consultazioni da Mattarella dirò che bisogna tornare alle urne. Con un buco di 40 miliardi nessuno governo parlamentare è in grado d prendersi questa responsabilità».

Il voto a settembre non favorirebbe il Pd e avrebbe anche l’effetto di accelerare le mosse della minoranza renziana. Per evitare il voto però dovrebbe avverarsi una di due ipotesi entrambe difficili: o il governo va avanti, anche con i rapporti di forza ribaltati dal risultato delle europee; oppure – prossoché impossibile – Salvini prova a governare con una maggioranza di centrodestra più un pezzo di M5S. Entrambe le ipotesi comunque non sono nelle disponibilità di Zingaretti. Nelle sue disponibilità c’è invece di scongiurare persino la richiesta di «immolarsi» in un governo di responsabilità, o di transizione, che gestisca la partita della finanziaria, magari per poi portare al voto all’inizio del 2020. Sarebbe un biglietto da visita disastroso, un ritorno al 2012 di Napolitano che impose Monti e preparò di fatto la «non vittoria» del Pd dell’anno successivo.