Un congresso negato, rivelato, poi di nuovo negato. Negli ultimi giorni consigliato pubblicamente da Goffredo Bettini. Ieri con una mossa (quasi) a sorpresa Nicola Zingaretti ha annunciato il congresso «straordinario» del Pd. Ma stavolta niente gazebo. Debutta un istituto nuovo di zecca, inserito ad hoc fra le recenti modifiche allo statuto. Un appuntamento «tematico» che nelle vecchie liturgie corrisponde a una «assemblea programmatica». Niente «conta», viene spiegato con sollievo. Tradotto: non si elegge un segretario.
Per essere il momento dell’annunciata «rifondazione» del Pd, dell’apertura al civismo, ha tempi curiosamente stretti. Consentono però al segretario di mettere a tacere le (rare) contestazioni interne cambiando anche formalmente la linea politica verso la nuova fase, la possibile alleanza con i 5 stelle. E soprattutto di blindarsi prima delle regionali di maggio. Che non sono un pranzo di gala: ad ora delle sei regioni al voto solo la Toscana sembra a portata di vittoria.

La road map è complicata. Il 22 febbraio l’assemblea nazionale approverà il congresso straordinario, il 25 la direzione il regolamento. A marzo, a Firenze, assemblea di apertura dei lavori. Il 18 -19 aprile la chiusura. In mezzo, in poco più di un mese, Zingaretti propone «10mila assemblee, una per ogni comune», «almeno». Si riapre «Piazza Grande», la rete anche esterna al Pd che gli ha fatto a vincere le primarie, abbozzo del nuovo Pd «aperto».

Ma qui la faccenda si complica. A Firenze, spiega il responsabile organizzazione Stefano Vaccari, il congresso partirà su un documento da discutere nei circoli dem ma anche in assemblee di esterni che «potranno nascere anche spontaneamente». L’ambizione è aprirsi al civismo, in primis le sardine. Di certo c’è l’«attenzione» di Art.1. I contributi di tutti confluiranno – come, si vedrà – nel «Manifesto per l’Italia» che verrà votato dall’assemblea finale.

Tutto questo attivismo dovrà mobilitare l’elettorato in vista delle regionali, per le quali il leader auspica accordi con M5s, «regione per regione». In Campania e in Puglia allo stato sembrano improbabili. Sperando che nel frattempo però il governo regga. Zingaretti e i suoi sono certi di aver messo Iv nell’angolo con l’accordo sulla prescrizione. Ma non si fidano. Renzi, attacca, «piccona gli alleati e non gli avversari». Fino all’accusa esplicita: «Non c’è spazio per un terzo polo che si dichiari decisivo tra destra e sinistra. Tutti quelli che non ne sono consapevoli fanno l’interesse delle destre». d.p.