A due giorni dall’elezione a segretario del Pd da parte dell’assemblea nazionale, per Nicola Zingaretti arriva la notizia di un’indagine della procura di Roma nei sui confronti per presunto finanziamento illecito. Lo scrive L’Espresso in un’anticipazione uscita ieri: l’inchiesta prende spunto – spiega il settimanale – dalle dichiarazioni dell’avvocato Giuseppe Calafiore (arrestato con Piero Amara nel febbraio 2018: i due un mese fa hanno patteggiato), durante un interrogatorio segreto sulle sentenze pilotate al Consiglio di Stato.

Nel luglio scorso Calafiore parla di Fabrizio Centofanti – ex capo delle relazioni isituzionali dell’imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone – arrestato nel 2018 e in attesa di processo. E afferma: «Era sicuro di non essere arrestato perché riteneva di essere al sicuro, in ragione di erogazioni che lui aveva fatto per favorire l’attività politica di Zingaretti». I pm chiedono: soldi leciti? «Assolutamente no, per quanto mi diceva. Non so con chi trattava tali erogazioni. Lui mi parlava solo di erogazioni verso Zingaretti. Mi disse che non aveva problemi sulla Regione Lazio, perché Zingaretti era a sua disposizione».

Il segretario dem si dice «assolutamente tranquillo perché forte della certezza della mia totale estraneità ai fatti che, peraltro, sono stati riferiti come meri pettegolezzi de relato e senza alcun riscontro, come affermato dallo stesso articolo del settimanale». L’Espresso chiarisce infatti che «Prove delle presunte ’erogazioni’ non sono state finora trovate».

Ma l’M5S subito commenta: «Il Pd perde il pelo ma non il vizio». E il sottosegretario Manlio Di Stefano attacca: «Se è vero abbia il pudore di mollare la poltrona». Replica a sua volta Zingaretti: «Comprendo la loro disperazione per il disastro politico che stanno combinando, per essere da mesi succubi del loro alleato di governo, per essere in caduta libera nel gradimento dei citttadini e per le batoste avute in Abruzzo e Sardegna. Ma se pensano di aggrapparsi alle fantasie di qualcuno sbagliano di grosso».