Diventati simboli della nuova condizione del lavoro digitale da ieri i ciclo-fattorini delle consegne a domicilio via app sono diventati anche l’oggetto di una proposta di legge della Regione Lazio. Come ha spiegato su Il Manifesto il 9 maggio scorso, il governatore Nicola Zingaretti (Pd) ha presentato ieri un «Foglio dei diritti primari del lavoro digitale» approvato in una memoria di giunta. Entro l’estate sarà trasformato in un provvedimento legislativo. Il testo sarà sottoposto a una consultazione online e coinvolgerà le piattaforme digitali, i sindacati (Cgil, Cisl e Uil hanno garantito il loro sostegno), le forze politiche, i cittadini. E, c’è da augurarselo, i protagonisti: i «riders». A Roma il 10 maggio scorso è stata organizzata un’assemblea.

IL «FOGLIO» CHE DARÀ vita a un «Piano regionale per la tutela, il contrasto alle diseguaglianze e la lotta allo sfruttamento dei “riders”» prevede: tutele compatibili con le norme nazionali di natura assicurativa, previdenziale e di salute e sicurezza; un salario minimo individuato in sede di contrattazione collettiva; il rifiuto del cottimo; la manutenzione dei mezzi; indennità in casi di infortuni e incidenti; diritto alla formazione. Previsti strumenti di confronto tra le parti sociali e il coinvolgimento della rete regionale dei Centri per l’Impiego. Annunciata la creazione di un «Portale del lavoro digitale»: un’anagrafe elettronica per imprese e lavoratori ai quali la regione promette di riconoscere tutele aggiuntive rispetto a quelle contrattuali di natura sanitaria, previdenziale e assicurativa. L’assessore al lavoro, già ex segretario Cgil Roma e Lazio, Claudio Di Bernardino ha assicurato che la «legge non sarà “punitiva” per le imprese. È interesse di tutti rafforzare i diritti e la trasparenza». Saranno coinvolti anche «studiosi». «Ci aspettiamo suggerimenti utili – ha spiegato Di Bernardino – così avremo la possibilità di definire la proposta in modo partecipato, con chi sta fuori dalle istituzioni e ha a che fare con queste realtà o vi lavora».

ZINGARETTI NON HA NASCOSTO il problema, già emerso in un’intervista del 7 maggio al giuslavorista e consigliere comunale di «Coalizione Civica per Bologna» Federico Martelloni, ribadito dallo stesso in un intervento su Il Manifesto del 12 maggio: «Ci auguriamo – ha detto Zingaretti – che l’approvazione di una legge nel Lazio spinga la nuova maggioranza o il nuovo eventuale governo a farla propria e a modificare la legislazione nazionale». Zingaretti teme che l’esecutivo voglia invece impugnarla. «Questa è materia nazionale ed è sottoposta a una legislazione di competenza del parlamento – ha aggiunto – Però credo che sia un atto da compiere ugualmente per mettere in campo una provocazione politica. Sarà divertente vedere un governo che cancella diritti che riguardano tantissimi ragazzi, e non solo». Lo sarà meno per gli interessati se, nel caos giallo-verde del post-4 marzo o per il fronte aperto nella già intensa conflittualità tra Stato e Regioni, ciò accadesse sul serio.

L’INIZIATIVA LAZIALE arriva pochi giorni dopo le motivazioni della sentenza di Torino che ha negato lo status da lavoratori subordinati per i rider. Ma nella «gig economy» sta emergendo un nuovo protagonismo del sindacalismo sociale auto-organizzato che, tra l’altro, ha permesso ai ciclo-fattorini della «Riders Union Bologna» di negoziare una «carta dei diritti digitali» con il comune guidato dal sindaco Virginio Merola (Pd), i sindacati e Coalizione Civica. Il 9 maggio scorso l’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna ha approvato all’unanimità una risoluzione presentata da Sinistra Italiana, Altra Emilia Romagna, Mdp e Pd che chiede al governatore Bonaccini (Pd) di inserire la carta tra gli impegni presi nel Patto per il lavoro. Di iniziative simili si parlerà il prossimo 4 giugno a Firenze nella regione Toscana guidata da Enrico Rossi (Mdp).