Sarà l’ex procuratore antimafia Franco Roberti a guidare la corsa del Pd al Sud per le europee. Roberti oggi è in pensione e fa l’assessore nella giunta campana di De Luca. Accettando la corsa ha risolto uno rebus più complicati sul tavolo delle liste «aperte» del Nazareno, quello del Sud. Rebus che si va faticosamente risolvendo. Il via libera a tutti i nomi arriverà allariunione di direzione, giovedì prossimo o al massimo venerdì.

Nel Nord ovest correrà dunque Giuliano Pisapia (da «indipendente», ha annunciato ieri), nel Nord est Calenda e la vicepresidente dell’Emilia Romagna Gualmini, nelle isole Caterina Chinnici, magistrata e figlia del giudice Rocco, assassinato dalla mafia nel 1983.

Non tutti i tasselli però sono ancora al loro posto. Restano, per esempio, le polemiche dei renziani sull’ingresso degli ex Pd nelle liste dem. Ma è il conflitto più mediatico e di superficie. Sottotraccia scorre un malumore più profondo, quello dell’area centrista e moderata che pure si è avvicinata al nuovo segretario.

Non è solo una questione di nomi, viene spiegato, né di «figurine». Dopo le europee l’area Lotti-Guerini varerà la sua corrente. Si chiamerà «Base riformista» o «Alternativa riformista». Il primo nome è più apprezzato – è una citazione della corrente della sinistra Dc di Marcora, Vanoni e De Mita – anche se i comunicatori sconsigliano per via dell’acronimo «Br». Ma al di là del nomi, il tema posto è quello dell’allargamento al centro.

In queste ore Nicola Zingaretti è impegnato pancia a terra a recuperare voti alle europee. Ieri un sondaggio di Swg per La7 dava il Pd al 22,1%, sopra di uno zero virgola all’M5S. Per i centristi del partito però il segretario si sta concentrando solo sul voto di sinistra. Nel Nord ovest, per esempio, con Pisapia correranno Pierfrancesco Majorino, regista delle iniziative pro migranti, e l’ex Ds Mercedes Bresso. Insomma, è il ragionamento, nella corsa a recuperare consensi il nuovo leader Pd trascurerebbe «la prospettiva»: scoprirebbe il fianco moderato che, in vista delle alleanze per le politiche – ma anche della possibile scissione renziana – potrebbe rivelarsi determinante per una proposta di governo. E questo proprio mentre il vicepremier Di Maio tenta l’affondo con i cattolici (la lettera ad Avvenire del 4 aprile) e con le aree moderate deluse dal governo (la lettera al Corriere della sera di ieri).

Dagli uomini di Zingaretti l’obiezione viene respinta: il 19 marzo il segretario ha incontrato i capofila di Demos, Democrazia Solidale, Mario Giro e Paolo Ciani, uomini chiave della comunità di Sant’Egidio. L’apertura «al mondo moderato e ai valori del cattolicesimo solidale, dell’associazionismo e del volontariato» è una chiave del nuovo corso dem. E infatti dalle file di Demos viene Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa, che correrà subito dietro Chinnici nelle isole. E ancora: domani al Nazarenosaliranno le forze del Terzo Settore, fra le quali le Acli.

Ma il nodo del centro verrà presto al pettine. In quest’area, fuori dal Pd, il giudizio è severo. «In queste settimane Zingaretti rafforza il profilo del Pd come partito di sinistra, immaginando che il centro riprenda ad esistere nell’ambito di una nuova coalizione riformatrice», spiega Lucio D’Ubaldo, direttore del blog «Il Domani d’Italia», vicino a Beppe Fioroni e regista della «Rete Bianca», embrione di una nuova cosa centrista e cattolica. «Il limite di questa riflessione consiste nel disegnare a tavolino un centro appendicolare, modesto nel contenuto ideale e programmatico e quindi dal punto di vista elettorale. È difficile che un nuovo centro, adeguato alla sfida contro il populismo di governo, rinasca in laboratorio; come pure che possa eludere il rapporto con i “mondi vitali” del cattolicesimo sociale e popolare». L’esito, per D’Ubaldo, è obbligato: «Una “alleanza per la libertà e la solidarietà”», certo, ma « dove sussista un centro autonomo, non subalterno alla sinistra, adatto ad equilibrare la “terza fase” del centrosinistra».