L’energumeno che ci accompagna dal cancello di entrata dello stadio Zaccheria di Foggia fino alla sala stampa, dice che il Maestro è tornato e che questo è l’anno buono, ma non si deve dire perché porta sfortuna. Poi detta il titolo dell’intervista: «Zeman 4.0», è la quarta volta che torna a Foggia e la squadra è stata rifondata da zero. Aggiunge che Don Peppino (il direttore sportivo Pavone, ndr) ha girato l’Italia alla ricerca di talenti e le grandi squadre hanno mandato i loro gioiellini a formarsi alla corte del Boemo.

A Foggia sacro e profano si mescolano e come sosteneva Pasolini il calcio è ormai l’ultima religione del nostro tempo. In questa intervista Zeman si esprime a tutto tondo dal Consiglio Comunale di Foggia sciolto per infiltrazione mafiosa poche settimane fa al «Sistema calcio» che gliela ha fatta pagare pesantemente. Elogia il modello sportivo italiano e il nostro calcio giovanile, è preoccupato per quello minore, che senza pubblico rischia di scomparire. Si scioglie quando gli chiediamo della Repubblica Ceca, della sua Praga, dei carri armati sovietici, infine denuncia il calcio corrotto nel suo Paese.

Nel Foggia ci sono giovani calciatori di talento che potrebbero diventare i futuri Insigne, Immobile, Verratti?
Non è facile, i giovani calciatori di talento del Foggia devono crescere e farsi apprezzare. Non voglio fare nomi, spero che diventino ottimi giocatori, attualmente devono tutti lavorare e migliorare.

Come vede il calcio giovanile italiano?
Penso che sia all’avanguardia, tutte le nazionali giovanili hanno disputato le finali degli Europei. Il Covid non ha consentito loro di allenarsi e di stare insieme spesso è un prezzo che pagheranno caro, ma questo si verificherà più avanti.

Perché il calcio italiano si fa valere?
Penso ai talenti, che sono tanti, non solo nel calcio. L’Italia ha vinto gli Europei, ma anche le olimpiadi di Tokyo hanno dimostrato che il sistema sportivo italiano funziona bene. Se si lavora bene, si raccolgono i frutti.

La squadra favorita per lo scudetto?
Le squadre che si giocano lo scudetto sono sette, anche se partecipano al campionato un numero maggiore. Sulla carta penso che la Juve sia la più forte, ha una rosa di giocatori più equilibrata, anche se nella prima giornata non l’ha dimostrato. A seguire ci sono l’Inter, la Roma, la Lazio e l’Atalanta e qualche altra.

Il Foggia ha una tifoseria appassionata e numerosa, ma il Covid ha limitato la presenza del pubblico. Il calcio delle serie minori rischia di scomparire?
Rispetto a squadre di serie C che hanno dei campetti, il Foggia ha uno stadio da serie A, però abbiamo meno pubblico di tutti per via delle restrizioni. Quando vedo il calcio inglese, sento che ci sono 73 mila spettatori presenti allo stadio, una situazione diversa rispetto a Foggia che ha una capienza di 20 mila posti, ma è consentito solo la presenza di 2500 spettatori. Il calcio minore è quello che paga di più, tutti i club hanno fatto debiti per continuare l’attività calcistica, in serie C non ci sono le risorse economiche e la situazione si è aggravata.

È possibile un calcio senza pubblico nei prossimi anni?
No. Sono tornato a Foggia perché ero convinto che il problema del Covid fosse risolto e che si aprissero le porte degli stadi. Purtroppo la situazione si è risolta solo parzialmente. Ho sempre fatto calcio per far divertire il pubblico, oggi purtroppo lo stadio è per pochi eletti e questo mi dispiace. Certo il Foggia dovrà dimostrare di saper divertire, ma non potremo andare avanti per tutta la stagione con 2500 persone presenti allo stadio.

Foggia risulta essere la peggiore città italiana per qualità della vita. Poche settimane fa il Consiglio comunale è stato sciolto per infiltrazione mafiosa. La squadra e l’arrivo di Zeman possono aiutare la città a rinascere?
Me lo auguro. Quando abbiamo fatto la serie A, in quei cinque anni in cui sono stato a Foggia, è vero che i foggiani vivevano di calcio, però stavano meglio. Oggi le condizioni di vita sono sensibilmente peggiorate e tanti vivono male, quando le persone non hanno nulla è possibile che cerchino di ottenere qualcosa a tutti i costi, anche se con modi sbagliati, ricorrendo all’illegalità.

Dopo la sua denuncia nel 1998 sui troppi farmaci nel calcio, gliela fecero pagare?
Sono figlio di un primario e sono convinto che con i farmaci si curino i malati, le persone sane non hanno bisogno. Allora parlai di troppa farmacia nelle squadre di calcio, poi le indagini accertarono che si trattava di doping, anche se tutto è andato in prescrizione. Sono andato contro il Sistema, il calcio ha reagito in maniera pesante contro di me. Ho sempre trovato da allenare, però avevo altre ambizioni e alcune strade mi sono state precluse.

Nelle città dove ha allenato è sempre stato amato dai tifosi e avversato dai vertici del calcio nazionale. Perché?
Sono molto contento che i tifosi quasi ovunque siano stati dalla mia parte e che apprezzassero il mio calcio. Non sono stato mai amato dai vertici del calcio italiano, perché spesso ho criticato la dirigenza della Federazione italiana gioco calcio.

Lei ha lasciato il segno nel calcio italiano. Avrebbe voluto farlo nel suo Paese?
Penso di sì e mi sarebbe stato molto più facile lavorare nella Repubblica Ceca, anche se adesso nel mio Paese ci sono seri problemi di corruzione nel calcio. Sul campo avrei lavorato meglio, perché da noi il calcio è più metodico e io sono un tipo metodico. In Italia abbiamo il vizio di alzarci al mattino e pensare in un modo e la mattina dopo in modo opposto, a seconda se c’è il sole o la pioggia. Se si è convinti di stare nel giusto bisogna continuare su quella strada.

Che cosa le manca del suo Paese?
Mi manca Praga che ritengo essere una delle città più belle del mondo. Mi manca la mia gioventù. Il mio Paese lo trovo migliorato rispetto al passato, quando c’era il regime comunista. Sono andato via nel 1969, dopo l’invasione dei carri armati sovietici. Oggi c’è pace, anche se ci siamo divisi dalla Slovacchia.

(Ha collaborato Gino Masulli