Volodymyr Zelensky si è rivolto ieri agli europarlamentari, con un intenso discorso via video di 10 minuti, accolto con un lungo applauso, per chiedere di nuovo l’adesione dell’Ucraina alla Ue: «Pprovate che siete con l’Ucraina», «la scelta europea dell’Ucraina è anche la vostra», «vorrei sentire questo messaggio da voi, non abbandonateci».

Con una risoluzione sull’«aggressione russa contro l’Ucraina», votata a larga maggioranza, il Parlamento europeo apre la prospettiva di un’adesione, ma il voto non è vincolante (persino nel gruppo Id, che comprende Lega e Rassemblement national, c’è stato accordo). La presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, ha promesso: «Lavoreremo per questo obiettivo». Ma la Ue resta prudente, perché il processo di adesione è un iter lungo e complicato. Di nuovo, ieri, il presidente del Consiglio, Charles Michel, ha frenato, «sappiamo che è un tema difficile perché riguarda l’allargamento, sappiamo che ci sono differenze di opinioni». Il Consiglio «analizza» la richiesta, «non sfugge» ha promesso Charles Michel, di fronte a una «richiesta forte, simbolica, politica».

La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che è accusata di aver dato troppe illusioni a Zelensky qualche giorno fa, ieri ha ripetuto che «il destino dell’Ucraina è alla prova, ma anche il nostro è nella bilancia». Von der Leyen ha annunciato il finanziamento di altri 500 milioni di euro per gli aiuti umanitari (la Francia interverrà con 100 milioni). Il primo ministro belga, Alexandre De Croo, per uscire dall’impasse, ha proposto ieri «un’altra forma di partnership» per l’Ucraina, perché «aderire è un processo di anni e quindi non è la strada ideale». L’Ucraina ha un trattato di associazione con la Ue, operativo dal 2017 e lunedì i ministri dell’Energia hanno fatto un nuovo passo verso una maggiore integrazione, approvando l’interconnessione della rete elettrica ucraina con quella della Ue.

Dibattito sull’Ucraina anche al Parlamento francese, dove il primo ministro, Jean Castex, ha parlato di «svolta storica per l’Europa e per la Francia» e confermato che il governo sta preparando un «piano di resilienza» per far fronte alle conseguenze delle sanzioni. Ma la Francia è in campagna elettorale per le presidenziali del 10 e 24 aprile, ci sono stati dissensi (France Insomise e Pcf) sui rifornimenti di armi all’Ucraina.

Di sanzioni ieri si è discusso al G7 finanza e ne parleranno i ministri Ue oggi all’eco-fin informale. Finora, la Ue ha varato 3 pacchetti di sanzioni, che progressivamente hanno colpito un numero sempre maggiore di personalità russe (ora quasi 500), di entità economiche, di banche, fino ad arrivare al gelo degli averi della Banca centrale russa. Un quarto pacchetto è in preparazione: Bruxelles sta stilando la lista delle banche e entità economiche che saranno escluse dal sistema Swift.

Per quanto riguarda gli averi degli oligarchi, il ministro francese Bruno Le Maire ha parlato di un totale intorno a mille miliardi di dollari da bloccare in Europa. Ma la procedura non è facile, molte proprietà non sono sotto il nome delle persone colpite, i servizi fiscali e doganali devono smontare le complicate «matrioske» finanziarie messe in piedi dal capitale russo in Europa. Per il momento, sono state escluse le banche e le società che operano nel settore dell’energia, troppo sensibile per gli europei (anche se a gradi diversi, a seconda dei paesi): una decisione di investire anche i settori del petrolio e del gas potrà essere presa solo a livello dei leader europei, al prossimo Consiglio europeo, forse già alla fine della settimana prossima o a fine mese. In Francia poi c’è il caso Total, che ha molti investimenti in Russia, e non ha intenzione di abbandonare tutto. Per il momento, Total ricorda che fornisce carburante all’Ucraina ma si limita a promettere che «non investirà più capitali per progetti in Russia». L’obiettivo, ha ricordato Le Maire, è «far crollare l’economia russa» e che già ci sono numerosi segnali in questo senso.

Difficoltà anche per passare dalle parole ai fatti nella messa al bando dei media finanziati dalla Russia nella Ue, la tv Rt e l’agenzia Sputnik, oscurate da YouTube, Facebook e Tik Tok. In Germania Rt è stata chiusa (e la Russia ha reagito chiudendo Deutsche Welle). A Parigi c’è una redazione francese di Rt. Alle accuse di «censura» il sottosegretario agli Affari europei, Clément Beaune, risponde che «Rt non è equivalente agli altri media operativi in Francia, avere un medium strettamente organizzato per diffondere le idee del Cremlino nelle nostre democrazie, in tempi di guerra, non può essere accettato». La messa al bando è stata approvata dai 27 e la Commissione studia le vie legali per chiudere Rt e Sputnik.

Venerdì è convocato un vertice Nato. Ieri, l’Irlanda (paese neutrale) ha mandato segnali di avvicinamento.