A meno di due settimane dal voto per il rinnovo del parlamento la situazione in Ucraina resta più incerta che mai. Subito dopo le presidenziali di aprile, sulla base dei poteri assegnatigli dalla costituzione, Volodomyr Zelensky aveva sciolto la Rada e indetto nuove elezioni.

L’obiettivo era ottenere una maggioranza in parlamento che gli permettesse di governare evitando la coabitazione con un parlamento ancora filo-Poroshenko. Gli ultimi sondaggi danno al suo partito, Servire il popolo, il 42-44% delle intenzioni di voto.

Un’ascesa straordinaria per un partito che non esisteva solo qualche mese fa ma insufficiente: un terzo dei deputati sarà eletto con il sistema uninominale e difficilmente il neo-presidente potrà contare sulla maggioranza assoluta. Al secondo posto con l’11-13% il Blocco delle opposizioni di Yuri Boyko, l’ex partito delle regioni filo-russo.

Ancora più distanziata la colazione dell’ex presidente Petr Poroshenko accreditato all’8% e Patria di Yulya Timoshenko con il 7%. Per far impennare ancor di più il suo gradimento Zelensky ha bisogno di risultati concreti sulle aspettative di pace nel Donbass, che lo avevano fatto andare in orbita al 73% nel ballottaggio del 21 aprile.

L’unica coalizione «pacifista» possibile è quella con l’ex partito delle regioni ma per ora «un’unità nazionale» sullo stile di quanto avvenuto in Moldavia recentemente, appare assai improbabile. A tal fine l’altro ieri Zelensky ha rilanciato l’ipotesi di riprendere le trattative di Minsk allargando la platea dei paesi coinvolti.

Oltre a Russia, Francia e Germania già presenti nel gruppo di contatto del «Formato Normandia» il presidente ucraino ha proposto l’inserimento di Stati uniti e Gran Bretagna.

E per dare maggiore solennità e autorevolezza all’incontro ha auspicato il coinvolgimento diretto dei leader: «Voglio fare appello al presidente della Federazione Russa Vladimir Putin… lei, io, il presidente degli Stati uniti Donald Trump, la premier britannica Theresa May, la cancelliere tedesca Angela Merkel, il presidente francese Emmanuel Macron possiamo incontrarci a Minsk».

Mosca ha preso tempo. La presenza Usa alla trattativa non è un problema per la Russia e Putin lo ha ripetuto a Trump anche a Osaka. Più problematica quella del Regno unito visto che dopo l’esplosione del caso Skrypal i rapporti tra i due paesi sono ridotti al lumicino.

Sergey Lavrov, il ministro degli esteri russo, ha voluto ricordare che la Russia chiede «il confronto diretto tra Repubbliche Popolari e Ucraina» e non intende favorire l’ex comico nelle legislative: di incontri se ne tornerà a parlare dopo il voto, a bocce ferme.

Sulla proposta Zelensky vanno in ordine sparso i paesi dell’Unione europea. Mentre Macron ha dato semaforo verde all’iniziativa, si è riscontrato il silenzio corrucciato di Merkel, che non vede di buon occhio né la partecipazione britannica né quella Usa.

A Kiev intanto i gruppi neofascisti sono tornati a far da parlare di sé. Ridotti ai minimi termini elettorali (i sondaggi danno a Svoboda uno striminzito 1,5%), i fascisti hanno imbastito una campagna di intimidazioni e violenze contro l’idea dell’emittente tv privata ucraina NewsOne e quella russa Rossya 24 di creare un «ponte televisivo» con un palinsesto di informazioni dedicato ai cittadini dei due paesi slavi.

Ma i giornalisti ucraini di NewsOne hanno dovuto presto gettare la spugna: ai presidi di protesta della destra radicale a Kiev si sono aggiunte botte e minacce di morte per i giornalisti che avrebbero dovuto essere coinvolti nel progetto.