Alla fine di giugno 1968 a Praga venne reso noto il Manifesto delle 2000 parole. Redatto da Ludvik Vanulik, sintetizzava l’esperienza della Primavera di Praga, avviata qualche mese prima dalle autorità politiche e istituzionali della Cecoslovacchia guidata da Dubcek. Meno di due mesi dopo, il 20 agosto, i vertici del Pcus, guidati da Breznev, temendo una nuova Ungheria, come nel 1956, risposero inviando oltre 200 mila soldati oltre il confine boemo e i carri armati nelle vie di Praga, soffocando nel sangue quel tentativo di libertà del popolo cecoslovacco.
Il 27 giugno 1968, a sottoscrivere il Manifesto furono 70 personalità di spicco del Paese, intellettuali, registi, attori e anche alcuni atleti olimpionici e campioni mondiali nelle loro discipline sportive.
Tra i primi firmatari vi fu Emil Zàtopek, lo sportivo più famoso della Cecoslovacchia, il primo al mondo a correre al di sotto dei 60 minuti i 20 km di corsa, impresa realizzata il 29 settembre 1951 a Stara Boleslav, mentre nel 1954 infranse la barriera dei 29 minuti nei 10 mila metri. Un anno dopo Zàtopek alle olimpiadi di Helsinki del 1952, la prima disputatasi dopo il conflitto della seconda guerra mondiale, entrò nella leggenda conquistando la medaglia d’oro nella gara dei 5 mila, dei 10 mila metri e della maratona, impresa che ancora oggi resta unica al mondo.

Il 23 agosto, quando i carri armati invasero Praga, Zàtopek non esitò a rivolgersi ai soldati invasori in lingua russa e davanti a una folla di connazionali, che lo ascoltava nel corso di un comizio volante improvvisato, disse: «Vi hanno mandato a schiacciare una controrivoluzione che esiste solo nella fantasia di pochi individui indegni di chiamarsi socialisti. I carri armati non sono una testimonianza di democrazia. Andatevene!».
Quella sera Emil Zàtopek si mise a capo di un folto gruppo di giovani che andò a manifestare sotto la sede di un quotidiano cecoslovacco occupato dalle truppe del Patto di Varsavia.

Era un duro, Emil Zàtopek, aveva il passo determinato di quegli allenamenti quotidiani fatti di km macinati in silenzio. Era un eroe nazionale per aver compiuto imprese sportive che avevano dato lustro alla Cecoslovacchia, perciò quando tornò in patria dopo le olimpiadi di Helsinki, fu nominato tenente colonnello dell’esercito, che in termini pratici significava un posto di lavoro sicuro dopo aver terminato la carriera sportiva. Zàtopek era uno che pensava al futuro del suo Paese, più che agli affari suoi, e quando i cronisti gli chiesero perché si fosse speso in quei momenti di protesta fino a capeggiare la rivolta, rispose con una semplicità disarmante: «Ho fatto solo il mio dovere. Perché mai i russi avrebbero dovuto avere il privilegio di entrare con i carri armati a Praga?».

Una scelta coraggiosa, che Emil Zàtopek pagherà a caro prezzo. Gli invasori sovietici non gli perdoneranno quel coraggio che aveva manifestato quando rivolto ai soldati russi disse: «Dopo quanto avete fatto, non potete più inviare una delegazione di atleti alle olimpiadi di Città del Messico (che si disputeranno nell’ottobre del ’68, ndr). Per voi le olimpiadi sono terminate qui, a Praga».

Emil Zàtopek, detto la locomotiva umana, pagò a caro prezzo il coraggio delle sue azioni e delle parole pronunciate la sera del 23 agosto 1968. Un anno dopo, il primo ottobre del 1969, perse i gradi di tenente colonnello e fu espulso dall’esercito con la seguente motivazione: «Per aver diffuso notizie false e aver tenuto una condotta contrastante con gli ordini del ministero». Il 24 ottobre di quell’anno il campione sportivo della Cecoslovacchia fu definitivamente espulso dal partito «per non aver compreso i problemi di fondo del marxismo-leninismo e dell’internazionalismo proletario». Per punizione fu mandato a lavorare in miniera, dove eseguì per due anni lavori molto duri. Isolato e senza prospettive di un lavoro adeguato alle sue capacità, Zàtopek cedette alle pressioni dei sovietici, e tre anni dopo sottoscrisse un’abiura di ciò che aveva fatto con grande coraggio al fianco del suo popolo in nome della libertà.

La sua autocritica, estorta col ricatto e pubblicata su Rude Pravo, organo del partito comunista, diceva: «Sono addolorato per essere stato tra coloro che avventatamente hanno versato olio sulle fiamme. Queste fiamme avrebbero potuto divampare e mettere in pericolo il mondo socialista. Ho avuto l’opportunità di rendermi conto su che cosa avevo visto giusto e su che cosa avevo visto sbagliato. Perché quindi dovrei oppormi a questo regime?». L’abiura gli procurò l’impiego presso il Centro di documentazione sportiva di Praga. Dopo un lungo periodo di «rieducazione», fu riammesso nel partito il 19 settembre 1977. Emil Zàtopek, dotato di straordinarie capacità di resistenza sul piano sportivo, era uno di quegli atleti nati per vincere, ma finì tra gli sconfitti della Primavera di Praga. È morto nel 2000.