Per festeggiare gli 80 anni di Alex Zanotelli voglio partire da un ricordo personale: quando, nel lontanissimo 2007, eravamo a Nairobi per il Forum Sociale Mondiale, la prima tappa della grande manifestazione inziale transitò per Korogocho, la bidonville dove aveva vissuto per oltre un decennio tra quei «dannati della terra», come avrebbe detto Frantz Fanon, che allora, come ora, rappresentavano in realtà l’avanguardia di un mondo che si andava tragicamente polarizzando tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri.

Già allora la sua riflessione politica, e non solo pastorale, verteva sul fatto che è nelle periferie del vasto e globalizzato impero liberista che vanno cercati e compresi, non solo gli effetti più disumani di questo sistema, ma anche le dinamiche antropologiche di formazione dei suoi anticorpi, la possibilità, in altre parole, che in queste situazioni nascano i germi di un nuovo umanesimo, le modalità valoriali che sostengono, animano e costruiscono, le fondamenta di un sistema-Mondo liberato da quella cappa di oppressione e disuguaglianze che oggi lo avvolge e ci avvolge tutti.

Allora Alex non era più in Kenya, era tornato in Italia, ma la memoria della sua presenza, dei suoi gesti, ma soprattutto della capacità di ascolto politico, oltre che umano, era vivissima ed informava ancora di sé i tanti gruppi autorganizzati che si muovevano per migliorare le condizioni della bidonville: malati di Aids, bambini con famiglie in povertà estrema, gruppi per la gestione delle risorse idriche, tutti avevano avuto da Alex un supporto, uno scambio, un gesto di empatia.

Sono passati tanti anni da allora, certo si è chiusa una fase, durata oltre un decennio, in cui il Movimento Sociale Mondiale sembrava poter dialogare con il potere politico in modo costruttivo e paritario, costituirsi in opinione pubblica globale proponendo le sue priorità in tema di Diritti umani ed ambientali, di democrazia economica sociale e culturale, di parità di genere e rispetto delle diversità culturali, di Beni Comuni.

Ma una cosa va riconosciuta ad Alex Zanotelli ora come allora: la sua visione profetica che, come tutte le visioni del futuro, si alimenta dell’attualità presente e della conoscenza storica, ma anche della forza dei simboli.

Quando diceva che ciò che accade nelle periferie del Mondo prima o poi sarebbe inevitabilmente accaduto anche nei confini delle civiltà ricche e apparentemente stabili delle nazioni industrializzate, vedeva ciò che adesso accade in Europa e non solo.

Quando fu uno tra i primi ad ammantarsi della bandiera della Pace durante la guerra di Bosnia, esprimeva simbolicamente una posizione radicale contro ogni conflitto che mette una parte dell’umanità contro un’altra, ma anche l’umanità contro il Mondo che lo ospita.

Oggi Zanotelli è in prima linea nella difesa dei diritti umani legati alle migrazioni. Le crepe aperte nella solidarietà continentale dalla gestione tirannica ed ideologica dei corpi migranti, il disconoscimento delle radici fondanti del patto Europeo attraverso la palese violazione delle Convenzioni internazionali, europee e nazionali sui Diritti dei migranti da parte delle forze populiste e sovraniste, xenofobe e razziste, ci pongono dinanzi ad uno scenario che aveva denunciato sin dai tempi di Nairobi.

Per questo l’accoglienza è un diritto ed un dovere, nei confronti di chi ce la chiede ma anche di noi stessi, di un Mondo a misura di ospitare la Vita e non qualche vita. E allora, Alex, voglio augurarti anche a nome de il manifesto una sola cosa: che tu possa ancora a lungo ed in salute stare seduto dalla parte del torto.