«Come al solito siamo davanti a un decreto Semplificazioni che esce fuori dai ministeri senza che ci sia stato un confronto con l’esterno, così non si va da nessuna parte». Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, studia le carte che gli sono arrivate quando ormai il traguardo del consiglio dei ministri è imminente e i margini di manovra sono strettissimi. Su diversi punti lo scetticismo è evidente, ma il problema vero, almeno per l’associazione ambientalista, è che il governo non ha voluto ascoltare nessuno ed è andato dritto per la sua strada.

Zanchini, e ora che succede?

Ora abbiamo sessanta giorni prima della conversione in legge del decreto. Noi, come Legambiente, ovviamente incontreremo i parlamentari e proporremo emendamenti, ma il governo dovrebbe aprire un confronto trasparente con tutte le parti che sono fuori dai palazzi. Altrimenti andrà a finire che a prevalere sarà chi sgomiterà meglio in parlamento.

Quali rischi vedete nel merito dei provvedimenti del decreto?

Ci sono molte questioni complesse che chiaramente non possono essere affrontate a spizzichi e bocconi, quindi il rischio è di trovarci di fronte a un provvedimento inadeguato rispetto alle tante cose che ci sono da fare. Noi siamo favorevoli a un’accelerazione sulla transizione ecologica, anzi la riteniamo necessaria, ma non sempre sembra che si vada davvero in quella direzione. Faccio qualche esempio: sull’efficienza energetica ci sono delle proposte interessanti sulla proroga e la semplificazione per l’accesso al superbonus 110%, ma c’è anche un buco che lascia aperta la porta agli abusi edilizi, che passerebbero in gloria insieme alle ristrutturazioni. Da anni chiediamo innovazione e semplificazione per migliorare gli edifici costruiti in un periodo molto oscuro sul fronte architettonico e urbanistico.

Dagli anni ’50 in poi, quando sono state costruite quasi tutte le periferie delle città italiane.

Esattamente. In Italia, cambiare una finestra o fare un piccolo balcone in certi casermoni di periferia è quasi impossibile e su questo bisognerebbe intervenire. Ricordiamoci che la povertà energetica è in continuo aumento e c’è una necessità assoluta di attuare politiche nuove. Il fatto è che nel decreto la semplificazione riguarderà per lo più le grandi opere e l’accesso ai fondi, ma non c’è una parola su quanto servirebbe alle nostre periferie. Servirebbe una regia per certi provvedimenti, ma la verità è che ormai siamo di fronte all’uscita di un decreto Semplificazioni all’anno e non si apre mai il confronto di cui ci sarebbe bisogno.

La questione che pone è soprattutto di metodo, dunque?

Sì, ma non solo. Posso fare altri esempi: oltre alla parte che riguarda gli appalti, con il governo che è intervenuto sui ribassi e sui subappalti, ci sarebbe tutto il discorso della riconversione dei siti industriali con gli standard per le bonifiche che sono troppo alti e, dunque, lasciano pensare che sarà difficile fare qualcosa di concreto. O ancora, l’articolo che parla dell’installazione dei pannelli solari sulle aree da bonificare: ci sono tante zone nelle città italiane in cui sarà impossibile capire cosa si possa fare e cosa no. In questi casi a mancare è proprio la semplificazione.

Sta dicendo che molte parti del decreto si riveleranno inutili?

È possibile. Torno a ribadire che certi problemi si risolvono solo allargando il confronto, facendolo uscire dai ministeri. Posso fare un ultimo esempio?

Prego.

L’istituzione di una Soprintendenza unica e di una supercommissione tecnica per la valutazione d’impatto ambientale riguarderà solo le opere del Recovery plan. Resteranno fuori tantissime cose, e questo ci sembra un approccio completamente sbagliato. Noi spingeremo per aprire un confronto subito e lo faremo incontrando parlamentari e proponendo modifiche. Certo, il tempo è poco e dovrebbe essere direttamente il governo ad aprire i giochi, coinvolgendo tante realtà che di certi temi si occupano tutti i giorni da una vita.