Sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa, nella manovra economica per il 2021 e nel documento di programmazione dei prossimi tre anni da portare a Bruxelles, ci sarebbero 4 miliardi per la Sanità. Come saranno allocati?

Servono per confermare i contratti a tempo determinato ai 30 mila medici e infermieri che sono già in servizio per l’emergenza Covid-19, sia negli ospedali che nelle Usca. Una parte servirà poi per acquistare vaccini e farmaci, e un miliardo va ad integrare il Fondo sanitario nazionale.

Quindi non servirà a rafforzare la sanità territoriale, intesa come Usca, le Unità speciali di continuità assistenziale, e la rete di medici di base?

No, questi 4 miliardi andranno tutti sull’emergenza Covid. Per fare una riforma più complessiva dovremo attingere al Recovery fund o altre risorse. Nel frattempo stiamo mettendo a frutto gli stanziamenti del decreto Rilancio salute (di luglio, ndr): 1.410.000 a disposizione per 23.580 nuovi contratti; 61 milioni per contact tracing e Usca di cui 14 per assistenti sociali e 32 per le strutture di isolamento a disposizione di chi non ha ambienti adatti; 72 milioni per la sorveglianza domiciliare con strumenti collegati alle reti operative regionali, la cosiddetta Rete territoriale Covid; e poi c’è l’assistenza domiciliare che è la voce che sta crescendo in assoluto di più e che noi intendiamo portare dal 4% al 6,7% come tasso di copertura, con una media Ocse del 6 %. Dai 610 mila assistiti attuali intendiamo arrivare ad almeno 923 mila over 65enni assistiti. Sempre nel decreto Rilancio ci sono poi 332 milioni per mettere in campo 9600 infermieri di comunità, e 10 milioni per gli infermieri destinati a lavorare dentro gli studi dei medici di base.

Bene, finalmente sulla Sanità si intende investire e non tagliare, però le Regioni denunciano anche altre problematiche. Per esempio, mancano gli anestesisti e i medici di base, e le procedure per l’assunzione del personale sono troppo farraginose. Cosa risponde?

Io credo che le Regioni intanto dovrebbero fare la propria parte. Non intendo fare l’elenco dei buoni e cattivi, ma il cahier de doléances stilato dai cittadini è molto corposo, e ha a che fare con problemi che le Regioni non riescono a gestire, a partire dalla incomprensibile burocrazia, o nell’organizzazione del testing, nel tracciamento e nelle procedure per uscire dall’isolamento. Se mancano gli anestesisti non è perché non li assumiamo ma perché non ci sono, non sono stati formati. Forse perché nessuno poteva immaginare che ne servissero così tanti.

Mancano le borse di studio…

Il ministro Speranza si è impegnato affinché le borse di studio vengano tutte coperte. E già quest’anno è aumentato enormemente il numero di coperture delle specializzazioni.

Il Dpcm presentato da Conte impone d’ora in poi alle Asl di inserire i codici di tracciamento nella app Immuni delle persone risultate positive. Ma perché finora non sono state impartite linee guida chiare in questo senso?

Spettava alle Regioni, che hanno tutte partecipato alla messa a punto di Immuni. E allora perché in Emilia Romagna c’è il più alto numero di download dell’app e in altre invece Immuni era stata perfino bloccata? Ora le Asl saranno obbligate, ma invece di mettere i bastoni tra le ruote per liberarsi da un «impiccio» bisognerebbe collaborare tra istituzioni, per affrontare una fase come questa. Qui, ogni mattina si alza qualcuno che vorrebbe decidere come si contrasta il Covid.

Governo, regioni e comuni si rimpallano le responsabilità. Non è un bel vedere per i cittadini che vengono giustamente chiamati alle proprie responsabilità…

Guardi, a parte alcune polemiche che mi sembra siano già state superate, devo dire però che spesso si assiste a reazioni francamente sproporzionate di sindaci che si offendono perché il governo ha interpellato le regioni, e così via. Penso che questo sia un pessimo segnale. Avevamo sospettato che questa seconda fase dell’epidemia sarebbe stata più difficile da gestire, e credo che questi siano tutti segnali che le cose si stiano facendo più complicate. Perché c’è più stanchezza e sofferenza, però anche perché manca il senso della collaborazione istituzionale.

Era noto che ci sarebbe stata la seconda ondata, perché non ci si è preparati a sufficienza?
Lo sapevamo tutti tranne quelli che andavano dicendo che il virus era morto, chi invitava la gente a ribellarsi e a non credere alle esagerazioni del governo. Io mi rivolgerei a loro, oggi. In ogni caso, stiamo ancora testando la validità di alcuni strumenti. Anche se certamente si può fare di più, per esempio confrontandosi anche con il resto dell’Europa per adottare le strategie e l’organizzazione migliore possibile.

Con quali risorse? Il Mes?

Credo che dovremmo chiarire meglio, anche ascoltando esperti economico-finanziari, cosa comporterebbe accedere al Mes, ovviamente proiettandolo sull’indebitamento futuro, compresa la parte degli interessi. Ma credo che la sanità in Italia – a cominciare dalla ricerca – ne abbia moltissimo bisogno. La sanità pubblica, intendo.