Era il 5 febbraio quando la famiglia di Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’Università di Bologna detenuto al Cairo dal 7 febbraio 2020, faceva appello all’Italia perché gli riconoscesse la cittadinanza. L’appello arrivava dopo il lancio di una petizione online e veniva subito accolto da alcuni dei partiti presenti in parlamento, Pd, Leu, +Europa: in una mozione Lia Quartapelle e Filippo Sensi del Partito democratico impegnavano il governo ad appoggiare l’istanza per il conferimento della cittadinanza italiana a Patrick.

Quella raccolta firme è andata avanti fino a 160mila adesioni. Che ieri sono state consegnate a Montecitorio dai promotori – 6000 Sardine e l’associazione Station to Station – nelle mani dei deputati che si sono spesi per l’iniziativa, Quartapelle, Sensi e Andrea De Maria del Pd e Riccardo Magi di +Europa.

La consegna è avvenuta all’aperto, di fronte alla Camera dei Deputati, come annunciato in precedenza, tra sagome di Patrick Zaki e cartelli che ne chiedono la liberazione. “Ci siamo fatti promotori – ha commentato Quartapelle – di una mozione trasversale per chiedere che venga assegnata la cittadinanza italiana onoraria a Patrick Zaki, in modo da fornirgli quell’assistenza legale e quelle visite oggi negate”.

Il messaggio è rivolto al presidente Mattarella ma anche al neo presidente del Consiglio Draghi, perché – si augurano i firmatari della mozione – dia un segno di discontinuità nei rapporti tra Italia ed Egitto, tanto inamovibili da aver reso ancora infruttuosa la richiesta di verità per Giulio Regeni e quella di rilascio per Zaki.

L’iniziativa, ha poi spiegato Magi, dovrebbe partire dalla ministra dell’Interno Lamorgese. Spetta a lei portarla al Consiglio dei Ministri perché la approvino e poi al presidente Mattarella per la firma.

Patrick Zaki è detenuto nel famigerato carcere di Tora da oltre un anno, accusato di diffusione di notizie false e propaganda terroristica, come una grande parte dei 60mila prigionieri politici del regime egiziano. L’ultima udienza, il 2 febbraio scorso, si è conclusa di nuovo con un’estensione della detenzione cautelare: altri 45 giorni di carcere, senza che si arrivi mai a processo.