Con il definitivo avvento nell’elite della cinematografia mondiale della Cina e con la sempre qualitativamente alta produzione sud coreana, a rappresentare il paese del Sol Levante in questa edizione degli Asia Film Awards, svoltisi lo scorso weekend a Hong Kong, è stato Yuya Ishii. Il giovane autore giapponese ha vinto infatti la categoria per miglior regista con il suo The Tokyo Night Sky Is Always the Densest Shade of Blue, film presentato lo scorso febbraio alla Berlinale e opera che ha conquistato la vetta di altre prestigiose classifiche di fine anno nell’arcipelago.

Ishii è già da più di un decennio sulla mappa dei registi giapponesi più interessanti, debutta infatti poco più che ventenne fra il 2005 ed il 2007 con una serie di lavori presentati al Pia Film Festival, la manifestazione del cinema indipendente giapponese che dal 1977 ha contribuito a lanciare la carriera di più di qualche autore. Rebel Jiro’s Love, Girl Sparks e soprattutto Bare-assed Japan del 2007 sono film in cui le storie di ordinaria quotidianità di alcuni giovani e delle difficoltà economiche che devono affrontare si aprono a momenti surreali e di improvvisa comicità.

Il primo vero successo di pubblico e di critica arriva però con Sawako Decides nel 2010, una commedia dolce amara in cui lo stile stralunato del regista trova la sua musa in Hikari Mitsushima, attrice che sarà la sua compagna fino al 2016, e nella quale è deliziosa la descrizione della provincia giapponese con una popolazione via via sempre più anziana e anni luce lontana dalle luci e dalle intensità delle metropoli. Mitsuko Delivers del 2011 continua su questa falsa riga, storia semicomica di una ragazza incinta ma senza lavoro che girovaga dalla California al Giappone, senza mai perdere la sua positività ed il suo buon umore.

Un primo scarto di stile e di tematiche arriva con A Man with a Style, lavoro non privo di momenti comici ma dove anche i toni più gravi si fanno sentire. Junichi e Sanada sono due uomini di mezza età alle prese con la malattia e l’inevitabile passaggio del tempo con tutto ciò che questo comporta. Ma è con Our Family del 2014 che Ishii approda a quel passaggio quasi obbligato per ogni regista giapponese che è il tema della famiglia e della sua implosione: qui con un tono scabro e trattenuto quasi alla Ozu il regista sviluppa una storia dove non solo i componenti di una famiglia devono affrontare una grave malattia, ma anche l’improvviso sorgere di problemi economici quasi insormontabili.

Dello stesso anno Vancouver Asahi, il più commerciale e generalista dei suoi lavori, un drammone storico con cui Yuya Ishii racconta le imprese di una squadra di baseball giapponese nel Canada dei primi decenni del secolo scorso.
The Great Passage, realizzato nel 2013, rimane forse il miglior lavoro di Ishii, una commedia molto particolare, tratta da un libro di successo, che sviluppa e celebra con un gusto e una sensibilità molto sottili la perseveranza di un gruppo di editori nel redigere, in un periodo di 15 anni, un nuovo dizionario giapponese. Diverso nello stile e nelle tematiche ma simile nell’approccio obliquo The Tokyo Night Sky Is Always the Densest Shade of Blue, che si ispira, fatto più unico che raro, a un libro di poesie e segna un ritorno alle origini per Ishii che qui racconta due storie di solitudini nella capitale giapponese. Lo scarto e la maturità raggiunta è qui rappresentato dallo stile visivo, patinato e luccicante, soprattutto nei colori notturni della metropoli.