Nella regione inglese dello Yorkshire la crisi economica che da anni non concede tregua va di pari passo con il declino costante delle compagini sportive locali. Ce lo raccontano i dati statistici e un recente libro dell’apprezzato giornalista originario di Leeds Anthony Clavane. Il titolo dell’opera di Clavane è quanto mai esplicativo: The Yorkshire Tragedy. Il riferimento è a un terribile episodio di epoca vittoriana, quando l’esercito sparò sui ai minatori in sciopero, uccidendone due e ferendone una dozzina. L’attività d’estrazione del carbone è stata per decenni croce ma anche tanta delizia per i nativi dello Yorkshire. Quando il governo laburista presieduto da Clement Atlee nazionalizzò le 958 miniere attive nel 1946, il settore dava lavoro a ben 700mila persone, in buona parte nello Yorskhire.

Il lavoro era duro, ma c’era per tutti. I salari non erano altissimi, ma ci si poteva levare più di uno sfizio. Per esempio andare allo stadio a tifare le due compagini di Sheffield o il Leeds United o ancora la miriade di squadre di medio livello che abbondano da queste parti. Poi se si abitava nel triangolo Castlefield-Featherstone-Wakefield la Rugby League, versione proletaria e a 13 dell’elitario sport della palla ovale, era una vera e propria ragione di vita.

Nel football l’età dell’oro di Sheffield va ricercata agli albori del gioco. Anzi, va detto che il grande contributo dato dalla città del South Yorkshire viene troppo spesso sottaciuto quando si narra la storia del calcio. Negli anni ’50 del XIX secolo, per la precisione il 24 ottobre 1857, nella Steel City vide la luce il club più vecchio del pianeta, denominato in maniera alquanto scontata Sheffield F.C.

I membri di quella squadra disputarono il primo derby contro l’Hallam nel 1862 e soprattutto codificarono le regole del gioco, conosciute come “Sheffield Rules”. Furono loro a inventare il calcio d’angolo, la rimessa laterale e il calcio di punizione, oltre a essere i primi a mettere in piedi una porta con una traversa di legno (in precedenza si usava una corda legata ai due pali). Tutte innovazioni che nel 1877 confluirono nella normativa unica stilata dalla Football Association (nata “solo” nel 1863). Poi arrivò il professionismo e il Wednesday e lo United, che fecero incetta di trofei nelle prime decadi del Secolo Breve.

Le due eterne rivali di Sheffield continuarono a essere una presenza costante nell’élite del Beautiful Game anche successivamente, sebbene però come vera forza dominante, specialmente negli anni Settanta, finì per imporsi il Leeds. Ovvero il club, dato quanto mai significativo e simbolico, che ha vinto l’ultima edizione della First Division nel 1991. All’epoca, spiega Clavane, il football aveva un’anima e non solo un’immagine, come accade in tempi di iper-commercializzazione e iper-spettacolarizzazione del prodotto calcio venduto a suon di miliardi di sterline dall’esclusivo cerchio ristretto della Premier alle televisioni di mezzo mondo, Sky in primis.

Lo Yorkshire ha fatto fatica a stare al passo con i tempi, a battagliare con le corazzate del Lancashire e della opulenta e modaiola Londra. Qualche exploit è arrivato, per esempio nel caso dell’Hull City (ora però “rientrato nei ranghi”) o come quando, nel 1997, il piccolo Barnsley ha centrato una inaspettata e storica promozione. Ma in Premier i Tykes hanno fatto la figura dei ragazzi scarsi e arruffoni del match ritratto nel bellissimo Kes di Ken Loach (che è ambientato proprio a Barnsley) e così il ritorno nelle retrovie del calcio che conta è stato pressoché immediato. Non è andata benissimo nemmeno agli altri club dell’area, soprattutto per le due di Sheffield e il Leeds, che mancano da troppo tempo dalla massima divisione inglese.

Anche la Rugby League non è più quella di una volta, letteralmente comprata a suon di quattrini da Rupert Murdoch, che ha fatto dello sport una delle tanti esclusive del bouquet di Sky. Pazienza se in tanti villaggi dello Yorkshire tifosi di lunga data si sono disamorati, smettendo di seguire il campionato.

Ma se il trionfo di Sky e la mutazione genetica di sport popolari per definizione avvenne negli anni ’90, le basi per le tragedie attuali furono gettate nel decennio precedente, quelle del dominio dei Tories dell’allora primo ministro Margaret Thatcher. Le sue politiche ultra-liberiste non diedero scampo alla working class dello Yorkshire. Proprio presso una delle miniere della regione, quella di Cortonwood, nel marzo del 1984 iniziò lo sciopero destinato a durare circa un anno e a diffondersi a macchia d’olio in tutto il Paese. Un episodio raccontato mirabilmente da David Peace nel suo GB84, che segnò la sconfitta definitiva dei sindacati, guidati daArthur Scargill, nel braccio di ferro contro la Thatcher.

L’annientamento del comparto minerario e la chiusura delle principali industrie, in particolare quella dell’acciaio a Sheffield ha finito per disgregare il tessuto sociale di una comunità molto unita e compatta, come ricorda amaramente il personaggio interpretato da Pete Postlethwaite nella pellicola Grazie, signora Thatcher. Le alternative, a cominciare dalla just transition (un ipotetico e auspicabile percorso virtuoso post-sfruttamento minerario) non erano contemplate dalla Lady di ferro e dai suoi sodali.

NelloYorkshire questa crisi così acuta è coincisa con una drastica diminuzione dei giocatori di medio e alto livello nelle leghe professionistiche di football e Rugby League, oltre che con le già citate difficoltà dei club, sopratutto nel football.

Le prime battute della stagione 2017-18 lasciano intravedere qualche barlume di speranza. Nella Serie B inglese sia il Leeds che entrambi i team di Sheffield (in particolare lo United) sono in lotta per fare il salto in Premier. Certo, una volta raggiunta la promozione, riuscire a scardinare le gerarchie così polarizzate del campionato più ricco del Pianeta sarebbe un compito ancora più improbo. Ma sarebbe già bello provarci.