Yoji Yamada è uno degli ultimi registi giapponesi ancora in vita ad aver fatto esperienza degli orrori della guerra e delle sue conseguenze, nei prossimi decenni non resterà praticamente più nessuno in grado di portare una testimonianza diretta sul militarismo imperiale giapponese e sulle miserie e distruzione che esso portò. Negli ultimi anni l’ottantaquatrenne regista, famoso in patria soprattutto per i film legati al personaggio di Tora-san, sembra aver deciso di rivolgere la sua attenzione proprio verso questo passato, a cominciare dal 2008 con l’eccellente Our Mother e poi nel 2013 con l’altrettanto riuscito The Little House. Lo scorso anno è uscita in Giappone un’altra pellicola ambientata più o meno nello stesso periodo, Nagasaki: Memories of My Son. Siamo a Nagasaki nel giorno fatale del 9 agosto, quando la bomba annienta e porta via centinaia di migliaia di vite, fra cui quella del giovane studente Koji. Passano tre anni ed improvvisamente il ragazzo appare alla madre, un’apparizione che solo la donna può vedere. Le visite del figlio sono sempre più frequenti ed i due discutono del loro passato ma anche del futuro che la donna, secondo il ragazzo, dovrebbe costruirsi cercando di dimenticare le tragedie della guerra. Il film è fotografato ed illuminato magnificamente, specialmente negli interni, e le prestazioni degli attori sono ottime, soprattutto quelle di Sayuri Yoshinaga nel ruolo della madre e di Kuroki Hari in quella della giovane amica del figlio. Purtroppo il film rovina quasi tutto negli ultimi dieci minuti quando il buonismo e la sdolcinatezza così tipici delle produzioni Shochiku, e spesso anche di Yamada, si spingono troppo in là rasentando il ridicolo.

Yamada nonostante l’età continua a lavorare ad un ritmo molto sostenuto, è in questi giorni nelle sale giapponesi infatti Kazoku wa tsurai yo!, commedia con il quale l’autore giapponese rivisita in chiave moderna la serie Tora-san (Otoko wa tsurai yo!) di cui si scriveva più sopra. Questa volta il protagonista non è un vagabondo che gira il Giappone, ma un’anziana coppia sposata da cinquant’anni che vive assieme alla famiglia dei figli. Nel giorno del suo compleanno però la moglie chiede come regalo al marito nientemeno che il divorzio, dando il via ad una serie di avventure comiche e rocambolesche. Anche nell’impostazione comica del film, o forse proprio grazie ad essa, trapelano tutte le condizioni e le problematiche del Giappone contemporaneo, la terza età che oramai sta diventando l’elemento demografico principale e la posizione sociale e familiare della donna, ancora lontana dal diventare paritaria nell’arcipelago. Yamada non sarà il regista più trasgressivo che il Giappone abbia mai visto, anzi è forse uno dei più conservatori dal punto di vista prettamente filmico, ma resta un autore che in una carriera lunghissima ha saputo attraversare i generi e le tendenze mantenendo inalterate le caratteristiche del suo cinema umanista.