Le Nazioni Unite l’avrebbero spuntata: il negoziato alla fine del mese tra governo ufficiale yemenita e movimento ribelle Houthi dovrebbe partire. Il condizionale è d’obbligo: da un anno ogni tentativo di dialogo è naufragato per le precondizioni poste dalle due parti.

Ieri il governo del presidente Hadi ha annunciato l’intenzione di recarsi a Ginevra per discutere della risoluzione 2216 del Consiglio di Sicurezza, ovvero il ritiro degli Houthi dai territori occupati da settembre 2014 e l’abbandono delle armi. L’apertura giunge dopo che lo stesso movimento sciita aveva accettato di rispettare quanto previsto dalla risoluzione. A monte le difficoltà incontrate sul campo di battaglia: sebbene abbiano resistito per mesi ai raid della coalizione guidata dall’Arabia saudita, nelle ultime settimane il lancio dell’operazione via terra da parte di Riyadh ha costretto gli Houthi al ritiro da cinque province meridionali, tra cui la strategica Aden.

All’operazione si sono aggiunti sabato 300 soldati sudanesi, sbarcati nel porto di Aden «per aiutare a mantenere la sicurezza nella città contro gli Houthi e [l’ex presidente] Saleh». Perché nonostante il ritiro Houthi la sicurezza non c’è ancora. E l’Arabia saudita resta invischiata in una guerra da cui non riesce ad uscire vincitrice.