Oltre un milione di rifugiati in tre mesi di conflitto: lo Yemen vive una devastante crisi umanitaria, che aggrava le tante crisi seguite all’unificazione del paese negli anni ‘90. Nel 2014 erano ancora 542mila gli sfollati interni. A questi, dal 26 marzo, si sono aggiunti un altro milione e 19mila rifugiati.

La metà di quel milione arriva da due province, Hajjab lungo la costa ovest e Ibb al centro del paese, le più colpite (insieme alla capitale ufficiale Sana’a e a quella provvisoria Aden) dai raid sauditi contro il movimento sciita Houthi.

La provincia che ne accoglie di più è la stessa Hajjah con 250mila rifugiati, a dimostrazione che chi fugge dalle proprie case o le ha viste demolite dai bombardamenti non ha altro posto dove andare se non le province vicine.

Secondo l’Unchr, infatti, solo in 41mila sono riusciti a fuggire all’estero, a bordo di imbarcazioni di fortuna verso le coste africane. Diecimila quelli accolti nel campo Aboukh in Gibuti; 3mila nella capitale, Gibuti City.

Le condizioni di vita, dentro e fuori lo Yemen, sono al limite: a chi è rimasto nel paese, gli sfollati interni, manca tutto, medicine, cibo, acqua potabile. Molte malattie si stanno diffondendo con rapidità.

Secondo i rapporti dell’Unchr uno dei tre bisogni più grandi espressi dalle popolazioni sfollate dello Yemen, insieme al cibo e all’accesso ad acqua e potabile e servizi igienici, è l’assistenza nella ricerca di sistemazioni adeguate. Le persone in fuga dallo Yemen sono accolte anche dalla Somalia, sia nel Puntland (1.132 persone) sia in Somaliland (466). Di questi 221 sono yemeniti, 1-369 sono somali, 2 etiopi e 6 sono cittadini di Gibuti.