Quali carte ha in mano Yanukovich? Può apparire bruciato, in fuga, delegittimato, sconfitto, ma la sua conferenza stampa potrebbe costituire un messaggio politico tutto da scoprire. Ha parlato da Rostov, in Russia, vicino alla sua fedele – ancora? – Donetsk.

Ha chiesto una presa di posizione chiara alla Russia e a l suo presidente (dopo Yanukovich ha parlato per la prima volta Putin, che ha chiesto di non creare un’escalation) ma ha ribadito di dconsiderarsi il presidente legittimo e ha specificato di non volere la separazione della Crimea, rivendicando l’unità territoriale ucraina. Solo nei prossimi giorni le sue carte potrebbero essere scoperte, consentendo di capire quanto credito politico abbia ancora l’ex presidente.

«Continuerò a lottare», ha specificato a inizio conferenza stampa, con alle spalle in bella mostra le bandiere dell’Ucraina. Quanto determinerà il suo problematico destino è sicuramente il suo rapporto con Putin. Non a caso l’accenno al presidente russo, suo teorico alleato, è probabilmente stato il momento più rilevante della sua chiacchierata con i giornalisti.

Secondo Yanukovich, che ha detto di essere fuggito da Kiev, perché richiesto dal protocollo di sicurezza, «la Russia deve agire. Conoscendo il carattere di Vladimir Putin, mi stupisco che abbia taciuto sino ad oggi». Si sarà chiesto Yanukovich il perché del silenzio fino a ieri di Mosca? Secondo quanto raccontato da Yanukovich, Putin si sarebbe fatto vivo solo al telefono. I due ancora non si sono incontrati: «quando sarà disponibile ci incontreremo» ha raccontato. Si sa, lo si dice da tempo, che Putin non nutra grande stima per Yanukovich. Del resto lo stesso presidente ucraino fuggitivo, molto criticato dal web ucraino perché si sarebbe espresso solo in russo, è stato scalzato con un colpo di mano dopo regolari elezioni, questo gli va riconosciuto, e ha finito per incolpare se stesso della situazione attuale del paese. «Chiedo scusa, ha detto, per non aver agito tempestivamente e aver gettato nel caos il mio paese».

Chiara allusione alle settimane di trattative con un ’opposizione cui sfuggiva sempre di più il controllo della piazza. «Non sono fuggito, ma sono stato costretto ad andarmene per una serie di minacce», ha spiegato, raccontando le peripezie della sua fuga, dopo che l’auto su cui viaggiava verso Kharkov è stata colpita da colpi d’arma da fuoco (confermando quindi la notizia circa il ferimento del suo più stretto alleato). Dopo un vano tentativo di partire in aereo, il suo viaggio è proseguito in elicottero e quindi in auto in Crimea. Infine a Rostov sul Don. A Kiev ha lasciato un colpo di stato causato da «giovani fascisti», e provocato «da politici europei irresponsabili» che Yanukovich considera anche i mandanti dei morti (83, con oltre 700 feriti), sostenendo di non aver mai dato l’ordine di sparare sulle persone. Non poteva mancare un riferimento alla Crimea.

«Deve rimanere parte dell’Ucraina, anche se con ampia autonomia», ha detto, specificando che «pur simpatizzando con il desiderio delle milizie di autodifesa di proteggere le loro famiglie e le loro case, le invito a mantenere moderazione ed evitare qualsiasi conflitto».

Yanukovich ha ribadito di non avere intenzione di chiedere alla Russia assistenza militare. Sollecitato dalle domande dei giornalisti presenti Yanukovich ha anche fatto un riferimento alle sue presunte proprietà e ricchezze: «Non ho e non ho mai avuto né conti bancari né proprietà immobiliari all’estero», ha detto, aggiungendo di aver «sempre dichiarato i miei redditi e le mie proprietà». Sul ritorno a Kiev, un grande punto interrogativo: «solo quando ci saranno le condizioni di sicurezza, potrò tornare». Se voleva lanciare un messaggio a Putin, Yanukovich non è parso molto convincente: poco determinato a imporre un suo ritorno, ha anche specificato di non riconoscere come legittimo alcun atto della Rada di Kiev, comprese le elezioni del 25 maggio, per le quali, ha specificato, non si candiderà.