Ci sono momenti in politica nei quali devi essere dalla parte giusta e perdere. È questa la regola seguita da Yanis Varoufakis in Adulti nella stanza. La mia lotta contro l’establishment europeo (La Nave di Teseo, euro 22), 896 pagine di racconto, scritto con mano epica, sui sei mesi in carica da ministro greco delle finanze terminati il 13 luglio 2015. Quel giorno il primo ministro Alexis Tsipras dichiarò la resa e accettò di firmare il terzo memorandum della Troika, nonostante il 61,5% raggiunto dal «No» nella consultazione referendaria avvenuta il 5 luglio precedente. In questa trama, piena di colpi di scena, intrighi ai massimi livelli, un noir economico-finanziario dal quale il regista Costantin Costa Gravas ha detto di volere trarre un film, Varoufakis si presenta come il cavaliere solitario, convinto delle proprie strabordanti capacità intellettuali, pronto a sfidare il potere cieco, sordo e criminale che ha condannato il suo paese.

SENTIRSI DALLA PARTE giusta, tuttavia, non solleva dalla sensazione che la vicenda raccontata possa essere descritta come il dilemma del prigioniero: obbedire alla Troika significa sottomettere la popolazione a conseguenze tremende simili a quelle subìte dal popolo greco; disobbedire significa trasformare un paese nel Bailoutistan (Bailout: salvataggio finanziario, quindi «Paese del Bailout»). Questo dilemma conosce un aggiornamento. Oggi, da un lato c’è chi evoca un nazional-populismo che predica il ritorno alle piccole patrie; dall’altro lato, un centrismo neoliberista che ripropone un’Europa senza referenti reali, capace di trasformare paesi come la Grecia in una «moderna versione della dickensiana prigione per i debitori, della quale avevano poi buttato via la chiave». Uno scontro tra due debolezze, entrambe fatali, che potrebbero peggiorare la miserabile agonia di un continente dopo le elezioni europee del 2019, contesa alla quale parteciperà anche Varoufakis  con la lista trasnazionale Diem25.

NON SAPPIAMO SE la soluzione al dilemma prospettata dall’ex ministro greco funziona. Al suo progetto di essere al tempo stesso dentro l’Europa e contro l’Europa antidemocratica e illiberale – «l’unica alternativa alla distopia che sta invadendo l’Europa che si sfalda» – non è stato dato il tempo necessario. Ma il brillante narratore, a cui non manca l’ironia che si trova nel Paul Krugman che scrive editoriali sul New York Times, resta convinto delle sue tesi. Basandosi su un lungo lavoro di ricerca accademica, Varoufakis affronta la tragedia con la teoria dei giochi in economia. Guarda l’abisso e dice la verità. È la forza della vittima: non ha scampo, ma usa virtuosamente la sua disperazione.

CON ALEXIS TSIPRAS, Varoufakis scrive di essersi accordato nel 2013-4 sulla linea della «disobbedienza costruttiva» articolata in tre punti: dire «no» alla continuazione del rinnovo dei finti debiti e dell’austerità che ne seguiva; fare ragionevoli proposte per ristrutturazione del debito, riduzione delle tasse e riforme; evitare che la signora Merkel dovesse dire ai suoi parlamentari la verità su quello che aveva fatto nel 2010: salvare gli investimenti delle banche tedesche e francesi facendo pagare il popolo greco, vittima dei suoi stessi governanti.

A DIFFERENZA di quelli che si oppongono all’euro e che vedono nella crisi l’opportunità di promuovere l’uscita della Grecia (Grexit), la posizione di Varoufakis è disobbedire alle direttive delle istituzioni dell’Eurozona. Andare ufficialmente in bancarotta, non pagare i creditori, è orrendo – annota l’economista – ma ha un aspetto positivo: il debito si riduce e hai di nuovo la possibilità di lavorare, metterti in sesto e riconquistare la fiducia di potenziali investitori. Come si è risanata la General Motors nel 2009, e come la Germania è tornata nel mondo dei vivi negli anni Cinquanta grazie a un sostanziale taglio dei debiti. Un taglio che non è stato concesso, imponendo alla Grecia una tragedia che Varoufakis descrive come «una versione di Macbeth nel paese di Edipo».

NEL RUOLO di Lady Macbeth c’è Christine Lagarde, direttrice del Fondo Monetario Internazionale, tra l’altro favorevole al taglio del debito. «Quello che è fatto non può essere disfatto» avrebbe detto se fosse stata la protagonista della tragedia di Shakespeare. La Troika, Francia e Germania avevano investito troppo nel fallimentare programma per la Grecia per tornare indietro. Il libro di Varoufakis è dedicato alla tecnocrate francese a cui si deve anche il titolo Adulti in una stanza, espressione usata nel corso di una riunione. Ce ne sarebbero voluti molti per risolvere il dramma, ma in quella stanza non ci sono mai stati.

QUANDO ERA IN CARICA da ministro Varoufakis intendeva avviare un sistema parallelo dei pagamenti per assicurare una minima liquidità allo Stato e, nel frattempo, continuare a trattare. Se la Bce di Mario Draghi avesse chiuso le banche greche – cosa effettivamente avvenuta con conseguenze devastanti su un governo democraticamente eletto – Varoufakis avrebbe voluto rispondere svalutando unilateralmente i titoli cosiddetti «Smp» [Securities Market Programme] del debito. Nelle sue intenzioni ciò avrebbe dovuto boicottare il progetto di Draghi di comprare titoli del debito italiano, francese, spagnolo, irlandese e portoghese per salvare l’Eurozona. Tsipras non lo ha seguito e Varoufakis è stato costretto a dimettersi.

SE IL NEMICO mette sul tavolo una pistola, e tu sei disarmato, l’intelligenza non basta contro la violenza. Per sfidare dall’interno il sistema devi avere una politica capace di affrontare una guerra, non solo un progetto razionale. Varoufakis non aveva le truppe. Del resto nessuno oggi in Europa possiede una simile forza, nemmeno per imporre un europeismo politico e radicale. È difficile essere dentro e contro il sistema, questa l’amara conclusione del libro. Si resta outsider, e liberi, ma da fuori non è possibile cambiare il sistema. Dentro è peggio. È il limite dell’eroe-Varoufakis: la sua politica è individuale, forte solo della reputazione. La politica, tuttavia, è fatta anche di masse, egemonia, contraddizioni. Oggi, come ieri, è difficile andare in guerra da soli.

IL LIBRO, pubblicato in inglese nel 2017, non parla della fine del terzo memorandum avvenuto l’agosto scorso. Varoufakis non ha cambiato idea. In un recente articolo sul Guardian ha scritto che la Grecia è entrata «in un nuovo ciclo di austerità che durerà altri 42 anni di più profonda schiavitù per debiti (2018-2060)». «I creditori (…) hanno spinto il nostro popolo fuori da una scogliera e hanno celebrato il loro rimbalzo sulla dura roccia di una grande depressione come prova di “recupero”. Per citare Tacito, hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato pace».

QUESTA È ANCHE la storia di una reazione possente iniziata a piazza Syntagma nel 2011. Il racconto di Varoufakis si fa potente quando evoca lo spirito di un movimento che ha scosso profondamente la società greca, e quella europea, portando al governo Tsipras. Ed è la storia della disillusione che ha spezzato la voce di milioni di greci ed europei che hanno salutato con entusiasmo il «No» al referendum. Non si finirà mai di discutere se le decisioni di Tsipras siano state un tradimento della volontà popolare espressa dal referendum o se l’avere accettato il ricatto abbia permesso di evitare guai addirittura peggiori. In ogni caso il dilemma del prigioniero contiene una verità: l’austerità non è una politica economica, ma un moralismo disonesto che legittima il trasferimento di ricchezza a favore di chi ha, a spese di chi non ha.

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Oggi al Festivaletteratura

Autore del Minotauro globale (Asterios), libro sulle cause della crisi finanziaria, oggi Yanis Varoufakis è al Festivaletteratura di Mantova. Al palazzo Ducale in piazza Castello alle 15 interverrà con Tonia Mastrobuoni su «Europa, sovranità, democrazia». Adulti nella stanza è pubblicato da la Nave di Teseo.