Xylella, punto e a capo. Finita l’emergenza scattata nel Salento per il ritrovamento sugli ulivi e su molte altre piante del batterio da quarantena xylella fastidiosa, quanto fatto finora potrebbe essere messo in discussione dalla Corte di Giustizia europea. Il Tar del Lazio infatti, con tre ordinanze diverse, ferma il gioco e ridà la palla all’arbitro del Lussemburgo.

La disposizione della giustizia amministrativa arriva qualche settimana dopo l’intervento di quella penale: la Procura di Lecce infatti ha indagato tutti i protagonisti dell’emergenza xylella (ma nessun politico), incluso il commissario Silletti e gli scienziati del Cnr di Bari, e ha disposto il sequestro degli ulivi che dovevano essere sradicati, in base alle decisioni della Ue e del ministro Martina. Salvando un patrimonio di alberi secolari e millenari unico al mondo.

Ben oltre i paletti fissati

Tutto è partito dal ricorso di 29 aziende agricole bio, che 10 mesi fa (era il 31 marzo 2015) contestarono dinanzi al Tar l’intero impianto normativo con cui la Regione Puglia, il Ministero delle Politiche agricole, la protezione civile e il Commissario per l’emergenza xylella, avevano, maldestramente e forzando le norme, cercato di ottemperare agli obblighi delle direttiva comunitaria 29/2000 che impone agli Stati membri di «eradicare» i patogeni da quarantena come la xylella. «Eradicare» il batterio, dice la norma. Non certo «sradicare» ulivi millenari.

Le strategie della Commissione europea, secondo i ricorrenti e secondo il Tar del Lazio che ha accolto le richieste, e a cascata del Ministero delle Politiche agricole, della Regione Puglia e della Protezione civile, si sarebbero spinte oltre i paletti fissati dalla direttiva 29/2000.

Insomma, la Commissione europea avrebbe travalicato i suoi poteri e le sue competenze, sconfinando nel terreno, cioè nel potere, proprio degli Stati membri, intaccandolo. Se il profilo di illiceità che il Tar del Lazio ha ravvisato nelle norme europee e, a cascata, nelle decisioni del Ministero delle politiche agricole del Piano del commissario governativo per l’emergenza xylella Giuseppe Silletti, dovesse essere confermato dalla Corte di giustizia Ue, si aprirebbe la strada a richieste di risarcimento danni milionarie.

A quel primo ricorso, che bloccò, grazie alla sospensiva confermata in appello, l’attuazione del Piano per l’emergenza xylella di Martina e del suo commissario straordinario, ne sono seguiti altri, di altri proprietari di uliveti.

E intanto, nell’attesa che il Tar si esprimesse, quelle imprese presentano numerosi motivi aggiunti, inseguendo la camaleontica e schizofrenica strategia anti xylella che, partita dalla Puglia, ha ormai preso la strada del parlamento europeo. Qui, trova facile sponda in Paolo De Castro, capogruppo Sde, già presidente della Commissione europea all’Agricoltura, già ministro dell’Agricoltura, brindisino doc.

È De Castro a imporre ai suoi una linea dura contro la xylella, che poi si rivela essere una linea dura contro gli ulivi pugliesi: propone al Parlamento e fa approvare una risoluzione che impone di sradicare gli ulivi e di utilizzare a tappeto pesticidi. La risoluzione è approvata pochi giorni prima della decisione di esecuzione della Commissione Ue contestata dagli agricoltori bio, ed interamente assorbita in essa.

È proprio in tale decisione di esecuzione, la 789/2015, e in tutti gli atti successivi e susseguenti, che il Tar del Lazio trova profili di illiceità, disponendo il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea.

In quella decisione la Commissione decide d’imperio, tra le tante decisioni devastanti per l’ambiente e le persone, che a nord del brindisino per ogni ulivo positivo a xylella si debbano sradicare tutt’intorno per tre ettari e mezzo, anche gli alberi sani. Poiché tutto questo non è scritto nella direttiva del 29/2000 che la decisione di esecuzione 789/2015 applicherebbe, dunque potrebbero essere decisioni illegittime.

Uno studio di mesi, no copyright

A questo primo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue se ne aggiungono altri due. L’ultimo presentato in ordine di tempo, quello di 21 proprietari di uliveti di Torchiarolo, in provincia di Brindisi, ha utilizzato uno studio frutto di mesi di lavoro sulle norme europee e sulla xylella, che il gruppo Lair (Law and agroecology Ius et Rus), giuristi dell’Università del Salento, in collaborazione con il prof. Luigi De Bellis, ha messo a disposizione sulla rete, rinunciando ad ogni copyright.

31storie cicadella-lasiocarpae-vettore-xylella-fastidiosa
La cicadella lasiocarpae, vettore del batterio

Il Tar del Lazio, rinviando anche questo ricorso in via pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue, condivide integralmente le tesi del Lair, utilizzate dai ricorrenti. «Il Tar – dicono gli avvocati Paccione e Stamerra che difendono le aziende bio – riconosce il nuovo scenario in cui sul banco degli imputati compare anche la Commissione Europea, perché la Ue impone di fatto lo svellimento di milioni di alberi che costituiscono un patrimonio paesaggistico rilevante, precostituendo le condizioni per una drammatica desertificazione che andrebbe a spezzare il rapporto millenario tra la popolazione salentina e la cornice paesaggistica entro la quale la prima ha sviluppato nel tempo storico la propria identità culturale e socio-economica. Le misure adottate – proseguono i legali – non valutano i rischi che svellimenti senza reimpianti e somministrazione di tonnellate di pesticidi sui suoli agricoli possono comportare su parti di territorio pugliese specialmente protette dal diritto dell’Unione in quanto censite come zone protezione speciale, parchi naturali e siti di interesse comunitario».

Desertificazione e identità

Secondo Paccione e Stamerra «il rischio che si corre è che con la desertificazione del suolo il popolo pugliese smarrisca anche la sua preziosa identità culturale, prima ancora di subire terribili conseguenze economiche e sull’eco-sistema. I cittadini hanno il diritto di autodeterminarsi nel quadro della legalità comunitaria e repubblicana, di difendere il loro paesaggio, di esercitare liberamente la propria attività d’impresa senza abnormi forme di espropriazione indiretta non codificata, di difendere il suolo agricolo contro l’aggressione di sostanze chimiche nocive che l’Unione pretende di imporre senza valutare previamente i rischi per la salute umana, animale e vegetale».

Infine ai tre rinvii pregiudiziali alla Corte di giustizia europea disposti dal Tar del Lazio, si aggiunge un vero e proprio ricorso al Tribunale europeo, l’unico, presentato dagli stessi agricoltori bio riuniti nel «Comitato SOS salviamo ora il Salento», per l’annullamento della stessa decisione di esecuzione 789/2015 e un altro ricorso presentato da alcune associazioni, tra cui il Wwf, con la prof. De Giorgi, ordinaria di diritto Amministrativo all’Università del Salento in collaborazione con il Lair. Insomma, la Ue è accerchiata. In gioco c’è la più grande foresta d’ulivi secolari e millenari del mondo e l’identità del popolo pugliese.