Sono passati più di dieci giorni da quando i 13 milioni di abitanti della città cinese di Xi’an sono costretti a rimanere nelle loro case, a causa del rigido lockdown per frenare l’aumento dei contagi di Covid-19.

La politica “Covid Zero”, adottata dal governo centrale al minimo sintomo dell’emergere di un focolaio, sta suscitando qualche malumore tra i cinesi che, nonostante i sacrifici, vedono crescere i numeri dei casi. Ieri in Cina si contavano 231 nuovi positivi, 175 dei quali da infezione locale nelle provincie di Shaanxi e Guizhou. Tutti i casi nello Shaanxi sono stati rilevati a Xi’an.

La città vive quindi un momento di forte pressione. A fronte di test obbligatori, restrizioni di viaggio e misure di disinfezione, il segretario del partito provinciale dello Shaanxi, Liu Guozhong, ha descritto il focolaio locale come una “sfida senza precedenti”, che richiede un senso di responsabilità condivisa da parte di tutti i quadri della provincia per vincere la battaglia contro il Covid-19.

Per spegnere il cluster, il Pcc ha mostrato il pugno duro ai funzionari, che potrebbero essere accusati di non aver svolto un buon lavoro nel controllo e nella prevenzione delle infezioni. Ma soprattutto ha costretto i cittadini di Xi’an a vivere nell’incubo della quarantena dal quale non sanno quando usciranno.

I cittadini hanno riversato sui social media cinesi la loro indignazione per la carenza di cibo e altri beni di prima necessità, innescando anche un dibattito su chi dovrebbe realmente sostenere i costi dell’emergenza sanitaria. La rabbia degli abitanti di Xi’an è scoppiata quando sono state introdotte, lo scorso lunedì, ulteriori restrizioni a fronte dell’aumento dei casi: i cittadini ora possono uscire di casa solo dopo aver effettuato un tampone, quando inizialmente una persona per famiglia poteva uscire ogni due giorni per fare acquisti.

Il repentino cambio di regole ha avuto conseguenze devastanti per le 13 milioni di persone confinate nelle loro abitazioni: molti residenti, infatti, non hanno potuto comprare cibo e beni di prima necessità per fronteggiare la rigida forma di confinamento.

Gli abitanti di Xi’an dovrebbero infatti ricevere provviste di cibo da un servizio di consegne organizzato dall’amministrazione cittadina. Ma le denunce che circolano su Weibo, uno dei social network più usati in Cina, raccontano di famiglie senza scorte di cibo e di acquisti di generi alimentari a prezzi folli sul web. Per la disperazione, alcuni residenti della città hanno iniziato a creare gruppi di mutuo soccorso nei loro condomini, per scambiarsi informazioni o barattare del cibo.

Di fronte all’indignazione pubblica, le autorità locali hanno incentivato i principali fornitori per rispondere all’eccessiva domanda e spinto i volontari a lavorare di più per consegnare il cibo agli ingressi dei complessi abitativi.

Anche il sistema di tracciamento e di cura della malattia sembra essere in tilt, con pazienti costretti a rivolgersi a diversi ospedali prima di essere ricoverati.
Pechino ostenta tranquillità e sicurezza: il focolaio sarà spento entro febbraio. Proprio nel mese in cui inizieranno i giochi olimpici invernali.