Ci sono gli investimenti a nove zeri e soprattutto la promessa assistenza nella lotta contro il Covid. L’ottava edizione del Focac, il forum triennale Cina-Africa, si è aperta ieri nel segno della continuità con il passato, ma con la chiara intenzione di raddrizzare alcune delle distorsioni emerse durante gli ultimi decenni di cooperazione, aggravate dal contesto pandemico.

AD APRIRE I LAVORI è stato il presidente cinese Xi Jinping, che in videoconferenza ha annunciato la spedizione di un altro miliardo di vaccini – di cui 600 milioni a titolo gratuito e il resto prodotto localmente – per raggiungere l’obiettivo di immunizzazione del 60 % della popolazione africana entro il 2022.

Un’iniziativa ampiamente attesa che va a integrare i 200 milioni di sieri precedentemente forniti (in minima parte gratis), contribuendo non solo a domare la nuova variante sudafricana in una delle aree del mondo con il più basso tasso di vaccinazione. Ma anche a diversificare la natura dell’attivismo cinese nella regione, per anni contraddistinto da una forte spinta verso gli investimenti nel settore estrattivo e dei trasporti.

IL BINOMIO, che ha dominato i primi otto anni dal lancio della Nuova Via della Seta, non sparirà, ma subirà alcuni aggiustamenti strutturali. Secondo quanto anticipato da Xi, la Cina si impegna a fornire agli istituti finanziari africani una linea di credito da 10 miliardi di dollari per le piccole e medie imprese, stabilendo una piattaforma congiunta per promuovere gli investimenti privati e invitando le aziende cinesi a dirottare nel continente una cifra analoga o quantomeno non inferiore nei prossimi tre anni. Chiaro segno di come il settore statale, dopo le spese incontrollate, stia cercando una sponda per ridurre i rischi finanziari.

NEGLI ANNI L’INDEBITAMENTO dell’Africa nei confronti del gigante asiatico non solo è diventato motivo di critiche internazionali più o meno fondate. In tempi di rallentamento economico le banche cinesi hanno mostrato meno entusiasmo davanti alla proposta di progetti dalla dubbia sostenibilità economica. Appena poche ore prima dell’apertura del vertice, è circolata la notizia – negata da Pechino – della richiesta da parte dell’Uganda di rinegoziare le condizioni predatorie di un prestito per l’espansione dell’aeroporto internazionale di Entebbe. Rispondendo indirettamente alle accuse, Xi ha riferito che la Cina esenterà le capitali africane dal pagamento dei debiti sui prestiti a interessi zero in scadenza entro la fine dell’anno e devolverà al continente 10 miliardi dei suoi diritti speciali di prelievo del Fmi.

IN TUTTO SONO NOVE i progetti con cui Pechino intende ribilanciare il partenariato nei prossimi tre anni in materia di sostenibilità ambientale, sicurezza, innovazione tecnologica e commercio, con attenzione particolare all’agricoltura e alla formazione professionale.

Aldilà dei numeri, l’evento possiede importanti significati simbolici. Innanzitutto la location: Dakar, la capitale del Senegal, segna ufficialmente l’espansione cinese – un tempo focalizzata soprattutto nel Corno d’africa (dove ha aperto la sua prima base militare all’estero) – nel quadrante occidentale storicamente marchiato dall’influenza francese. Il nome del vertice poi, che rievoca gli slogan della «Nuova Era» di Xi, attesta quel ritorno all’ideologia che contraddistinse le relazioni con il continente all’epoca di Mao e che con l’avvio delle riforme di mercato fu stemperato per dare maggiore spazio agli aspetti economici.

MA PIÙ CHE IMPORRE il proprio modello di sviluppo, la Cina spera in cambio di ottenere il supporto politico dei partner africani nelle agenzie internazionali, dove Pechino fronteggia costanti critiche per lo scarso rispetto dei diritti umani, mentre lascia aperta la porta alla cooperazione multilaterale nelle questioni economiche.

È in quest’ottica che va interpretata il recente invito di Xi a Merkel e Macron a creare un «Quad africano». Iniziativa che se da una parte serve a condividere i rischi finanziari con le ex potenze coloniali dall’altra sembra voler dare maggior prestigio al protagonismo cinese in Africa con una triangolazione che coinvolge le principali potenze europee in risposta al pressing americano. Solo pochi giorni fa era stato Antony Blinken a corteggiare il continente a lungo trascurato da Washington con una rara visita che ha toccato proprio il Senegal.