MIAMI

Quando si pensa a Miami l’immaginario collettivo è subito pronto a scatenarsi. E allora via con la mente che ci porta sulle lunghissime spiagge di South Beach, su quel lungomare dove i nostri occhi riescono a visualizzare donne bellissime e uomini ultrapalestrati che corrono in costumi succinti. Oppure siamo portati a immaginare il caos delle calde notti di Miami Beach, con i mille locali in cui gustare mojito e Cuba libre mentre musiche latinoamericane fuoriescono dagli altoparlanti dei bar e dei macchinoni che fanno avanti e indietro sulla Ocean Drive. O ancora l’idea che qui si parli più spagnolo che inglese, grazie alla folta comunità cubana presente in città da sempre, tanto da colonizzare intere zone, come, ad esempio, la celebre Little Havana. I più attenti alle cose «culturali» invece hanno in mente i bellissimi alberghi e i vari edifici in stile Art Déco del distretto che porta proprio il nome del movimento artistico architettonico di inizio secolo scorso, oppure i quartieri residenziali «trés chic» come Coral Gables.

Ma lasciando da parte i luoghi comuni, da qualche anno Miami ha un altro polo di attrazione per chi ama vivere le città in tutti i loro aspetti, e pensa che anche un posto come la capitale «virtuale» della Florida – quella vera è Tallahassee – possa offrire non solo mare, sole, vita notturna e divertimento sfrenato, ma anche la possibilità di aprirsi alla cultura, e in particolare all’arte e alla cultura del nostro tempo. Stiamo parlando di Street Art e di uno dei quartieri più effervescenti al mondo per quanto concerne questa forma d’arte contemporanea, osteggiata fino a qualche anno fa ma che negli ultimi tempi, fortunatamente e grazie alla caparbietà e all’estro di alcuni artisti che sono ormai entrati nel mito, come ad esempio Banksy; è sempre più riconosciuta come culturalmente imprescindibile per capire le mutazioni della società in cui viviamo. E, di conseguenza, sempre più accettata, anzi, addirittura incentivata in moltissime tra le più grandi metropoli occidentali, da Londra a New York, da Berlino a Rio de Janeiro. Il quartiere in questione si chiama Wynwood, a nord di Downtown Miami, a sua volta suddiviso in tre sotto-distretti, tra cui quello che ci interessa nello specifico, il Wynwood Art District, nella parte settentrionale. Un distretto che si estende più o meno per una quindicina di blocks, come vengono chiamati gli isolati nelle città americane, in longitudine e sei/sette in latitudine, tra la ventesima e la trentaseiesima strada e tra la First Avenue e la I-95, l’autostrada che taglia in due la metropoli della Florida.

Questa zona della città è stata per anni sede di magazzini in cui erano stipate cianfrusaglie di ogni genere e da cui, la sera in particolare, era meglio stare alla larga, ma nel 2003 un gruppo di mercanti d’arte, artisti e collezionisti, guidati da Mark Coetzee e Nick Cindric, ebbe una felice intuizione, riconvertire quegli spogli e tristi magazzini in gallerie d’arte e ridare al distretto una dignità e un senso. Ma, al contrario di altre metropoli in cui la riqualificazione di quartieri abbandonati o in degrado ha significato sì una rinascita culturale e artistica, ma anche, se non soprattutto, un proliferare di bar e locali alla moda o di tendenza, come ad esempio Shoreditch nell’East End londinese o Williamsburg a Brooklyn, qui è stata l’arte a prendere il sopravvento e a «fagocitare» il quartiere. In pochi anni il distretto ha visto così nascere e svilupparsi qualcosa come più di settanta gallerie, e oggi il quartiere ospita anche cinque musei, tre collezioni, venti studi d’arte, sette «complex» e ben cinque fiere artistiche.

E proprio in tema di fiere e mostre spiccano su tutte due iniziative molto interessanti che qui si tengono con cadenza mensile una e l’altra di respiro più internazionale, annuale. La prima prende «programmaticamente» il nome di ArtWalk, si tiene la notte di ogni secondo sabato del mese, ed è un’iniziativa che tende ad aprire al pubblico le porte delle gallerie e degli studi d’arte presenti sul territorio. La seconda invece, la Art Basel Miami Beach che si tiene ogni anno a dicembre – nel 2014 è prevista dal 4 al 7 – , è la «succursale» Usa di quella che è considerata oggi probabilmente la più importante fiera di arte contemporanea al mondo, e che ha sede a Basilea, in Svizzera, e mette in mostra quotatissime opere in giro per l’intera città, da Wynwood a South Beach.

Ma la grande forza e la particolarità che rendono Wynwood probabilmente un unicum nel mondo, viene dalla presenza massiccia, capillare, di street art, tanto che quasi ogni spicchio di muro è stato dipinto o taggato, dando così colore e vitalità agli spogli e tristi magazzini (ma occhio anche ai marciapiedi dove non è difficile trovare qualche piccola opera d’arte – magari artigianale o estemporanea). Una scritta accanto a un bellissimo murale degli artisti Okuda e Remed sulla 23ma NW recita quello che si può definire il mantra che racchiude l’essenza dell’iniziativa: «Each color comes and claims its identity. Then together can fly in harmony» (Ogni colore arriva e rivendica la propria identità. Poi insieme possono volare in armonia). E questa idea di «colorare» completamente il quartiere è venuta a un gruppo di writer e street artist che già una ventina di anni prima, in forma clandestina, si erano dedicati a dipingere e firmare con le loro tag le stesse strade della zona che un tempo veniva chiamata, per la forte presenza di immigrati portoricani – peraltro ancora ben presenti -, Little San Juan.

Nel 2007 alcune crew hanno dato vita all’organizzazione Primary Flight partendo dall’assunto che l’arte poteva, anzi doveva, non essere rinchiusa in spazi delimitati da quattro mura ma lasciata libera di espimersi e di essere goduta «en plen air». Per fare questo sono stati via via chiamati a partecipare i nomi più prestigiosi dell’arte dei graffiti e dei murales, dei veri mostri sacri che hanno creato e creano continuamente capolavori unici che possono essere fruiti e goduti da chiunque si trovi a passare dalle parti di Wynwood. Tra questi spiccano i nomi di Obey Giant, di Kobra, del duo La Pandilla, e poi ancora il greco Ino, Lady Aiko, Miss Van, El Pez, Raptuz, David Walker, lo stesso già citato Banksy… ma sono davvero tantissimi, troppi per poterli menzionare tutti, quelli che hanno dato il loro apporto alla causa, e chi volesse cercare di abbozzare un mini tour delle opere principali presenti al momento nel quartiere, può senz’altro avvalersi di un aggiornatissimo sito, www.wynwoodmap.com, in cui vengono riportati per ogni artista tutti i lavori attuali e passati con tanto di precisa ubicazione.

Fulcro del distretto è Wynwood Walls, vera Mecca per chi ama la street art e meta ambitissima per chi la pratica. Un complesso di edifici, parcheggi e garage acquistati da quello che potremmo oggi definire il vero mentore del quartiere, Tony Goldman, personaggio diventato milionario grazie alla sua «lungimiranza» e «intraprendenza» negli affari immobiliari e che è, tra l’altro, anche colui dietro il quale si cela il successo e la rinascita della South Beach. Wynwood Walls ospita decine di opere sia al suo interno che nelle vie limitrofe, volute e commissionate dallo stesso Goldman ad artisti provenienti da tutto il mondo, come gli ucraini Interesni Kazni, la giapponese Aiko, l’apolide Avaf e via dicendo, ed è anche la sede di un ristorante, il Wynwood Kitchen & Bar, che è possibile considerare a sua volta una sorta di museo, al suo interno ospita infatti spettacolari opere di Shepard Farey, in arte Obey Giant, e di Christian Awe. Girando per Wynwood poi non è difficile imbattersi in qualche set fotografico, con artisti e performer di altre discipline, dalla musica agli sport «estremi», che scelgono i muri e disegni dell’Art District come sfondo per spot o per i loro book, perché in fin dei conti una passeggiata per Winwood è un’esperienza unica, una vera e propria immersione in un mondo di colori e di visioni oniriche, surreali, eccentriche… un mondo che rivela come ci si possa esprimere senza preconcetti o gabbie. Certo come ogni street art che si rispetti quello che vale oggi, al momento in cui scriviamo, potrebbe non valere domani, tra una settimana o tra un anno, perché Wynwood è un eterno work in progress con opere e artisti che vanno e vengono, che appaiono e scompaiono, ma che lasciano comunque un’impronta indelebile.