Tutto sarà pronto entro la fine dell’estate, intanto i turisti che arrivano sulla piana di Castelluccio per l’inizio della famosa fioritura possono ammirare lo scheletro d’acciaio del deltaplano, il centro commerciale da 1.500 metri quadrati destinato a ospitare ristoranti, negozi e uffici vari, fortemente voluto dalla Regione Umbria e venduto come strumento principe per la rinascita del borgo di pietra distrutto dal terremoto.

Poche centinaia di metri sopra la piattaforma di cemento che ospiterà la struttura, però, il paese è quasi completamente transennato: i lavori di demolizione degli edifici devastati (il 90% di tutto l’incasato secondo l’Ufficio Ricostruzione) non sono finiti, e ancora non si registrano risposte sul fronte delle Sae, le casette di legno: a quasi due anni dalle scosse non se n’è vista nemmeno una delle otto autorizzate – non sono cominciati nemmeno i lavori per le piazzole –, con il presidente della Comunanza Agraria di Castelluccio Roberto Pasqua a sostenere che ne servirebbero almeno il doppio.

La vicenda sta assumendo contorni da fantascienza: appena undici mesi dopo la presentazione del progetto, si è passati ai lavori in corso, in quello che rappresenta un incredibile record di velocità ed efficienza amministrativa, mentre tutto il post-sisma nel cratere è caratterizzato soprattutto da incertezza e lentezza delle procedure.

E poi, al netto del riflesso pavloviano di bollare come fake news ogni obiezione a un colosso che, comunque la si voglia vedere, appare destinato a modificare uno dei paesaggi più suggestivi dell’Italia centrale, nelle parole espresse dal fronte istituzionale appare sempre più palese la formulazione del più crudele dei ricatti: senza il centro commerciale la rinascita di Castellucio è impossibile.

Prima i negozi e poi le case, prima i soldi e poi le persone, come se l’Appennino dovesse diventare un parco divertimenti per turisti, abbandonando ogni velleità di essere un luogo vissuto e abitato.

I fari accesi sul caso hanno portato la sezione perugina del Wwf a salire sulle barricate, con l’avvocato Veronica Passeri che sta lavorando a una diffida urgente da inviare a Regione Umbria e Protezione Civile.

Oltre all’ipotesi di ricorrere al Tar, verrà richiesto anche il sequestro penale dell’area alla procura di Spoleto. La faccenda non appare così campata per aria come pure si vuole far credere, se si pensa che gli stessi magistrati di Spoleto, lo scorso marzo, misero i sigilli al centro polivalente di Norcia e iscrissero nel registro degli indagati il sindaco Nicola Alemanno (Forza Italia) e il progettista Stefano Boeri.

I motivi della mossa giudiziaria calzano a pennello anche sul caso di Castelluccio: la procura ha censurato la costruzione di una struttura in un’area sottoposta a tutela paesaggistica in quanto all’interno del Parco nazionale dei Sibillini e sito d’interesse comunitario, contestando inoltre la deroga alla normativa per la gestione dell’emergenza: le opere di questo genere devono essere provvisorie e tanto il centro polivalente di Norcia quanto il deltaplano non hanno una data di scadenza, cioè in nessun atto si specifica quando verranno demolite e con quali fondi.

Nel suo breve saggio intitolato «Note per un’urbanistica a suon di scosse», la ricercatrice Laura Colini spiega cosa vuol dire costruire una struttura temporanea quando le prospettive di ricostruzione si calcolano su una lunghezza di decenni: «Forse tra 50 anni, quando le strutture portanti, tanto all’avanguardia oggi saranno obsolete, allora si penserà alla dismissione, ma intanto il Pian Grande sarà sempre più urbanizzato, pezzo dopo pezzo, dalle strade, dalle auto e dalla turistizzazione insostenibile che occuperà anche questo pezzo di paradiso».

Servirebbero date certe e un piano di smaltimento della struttura, ma nessuno dei tecnici impegnati nella realizzazione del deltaplano sembra dare troppo peso a certi particolari. «Non siamo certo contro l’attuale necessità dell’opera emergenziale – dice il presidente del Wwf di Perugia Sauro Presenzini –, ma siamo contro un modo tartufesco di far passare la cosa come provvisoria, senza nessuna garanzia scritta sul suo ‘fine vita’ e sul ripristino dello stato dei luoghi».

D’altra parte, la piana di Castelluccio è un dettaglio che fa gola. «In molti sarebbero disposti a spendere milioni per uno spazio permanente – conclude Presenzini – È come avere una vista unica su una delle meraviglie del mondo».