Poco più di dieci righe, prima del frontespizio, spiegano il progetto editoriale di Jaca Book del quale Il lungo cammino verso Mandelaland Del potere e della libertà (traduzione di Cristiano Screm, pp. 170, € 18,00) dovrebbe essere la prima tappa: «una serie di volumi che raccoglieranno la saggistica degli ultimi anni di Wole Soyinka». Nel dubbio che ai lettori italiani sfugga la presenza/pregnanza della parola terra/land, si è optato – non troppo felicemente – per Mandelaland come traduzione dell’originale contrazione Mandeland.

Nessun paratesto viene in ausilio a quanti siano colti da curiosità, e quelli che vengono indicati genericamente come ‘saggi’ sono in realtà i testi di discorsi pronunciati da Soyinka in diverse occasioni, il cui noto stile oratorio, il suo sarcasmo, la sua immediatezza non trovano giustizia sulla carta stampata.

La terra di Mandela, che dà il titolo al primo volume di questo progetto sul potere e sulla libertà, e alla quale Soyinka aveva dedicato anche un bellissimo poema intitolato Mandela’s Earth (dove era lui stesso a riflettere sulle diverse implicazioni tra i sinonimi inglesi) non è il Sudafrica, bensì una possibilità di immaginare il futuro dell’Africa (e del Sudafrica) di cui si era fatto interprete Mandela, a dispetto delle incarnazioni oscene di violenza e potere di cui spesso il continente è stato ed è ancora teatro: «una essenza immanente delle aspirazioni universali, situata in nessun luogo e, allo stesso tempo, ovunque!», recita con enfasi Soyinka. Il quale dedica un altro suo intervento alla natura del potere e alla religione (che per lui è una delle varianti del potere) originariamente concepito per un incontro del Valdai Club in Russia.

C’è inoltre il bel discorso per la conferenza «Donne in Africa» tenutasi a Marrakech nel 2018. L’intervento tra tutti più interessante, ma per il quale non vengono fornite neanche le laconiche indicazioni dei precedenti – è una sorta di ricapitolazione autobiografica titolata Un luogo dignitoso in cui vivere, in cui Soyinka racconta le motivazioni che lo hanno portato via via ad eliminare, senza clamore, ma con grande onestà intellettuale e senso etico, vari luoghi della terra come possibili ‘patrie’, dal momento che la sua terra natale gli si è rivelata spesso sgradita quando non formalmente vietata. Di particolare interesse, le riflessioni sugli Stati Uniti di Donald Trump, visto che una delle residenze dell’apolide Soyinka, da decenni, è proprio la California.