Stipendi triplicati e tutele per la maternità. La Wnba, ovvero la versione al femminile del campionato di basket americano (Nba), segna un canestro forse decisivo per la corsa alla riduzione del gender gap nello sport. Il nuovo contratto collettivo, durata otto anni, sottoscritto dalla Lega e dal sindacato delle atlete determina un notevole passo per i salari, con un tetto massimo per i contratti (215 mila dollari), ovvero l’83% in più rispetto alla passata stagione. Il compenso medio si aggirerà intorno ai 100 mila dollari, per alcune delle cestiste – le più famose e mediatiche -, con i bonus ci potrebbe essere un incasso complessivo da 500 mila dollari annui. Certo, si è parecchio distanti dal contratto più oneroso della Nba, che spetta a Steph Curry, fenomeno dei Golden State Warriors (40,2 milioni di dollari per la stagione in corso) ma per la prima volta i salari sono commisurati alle entrate della Wnba.

MA E’ SOPRATTUTTO il pacchetto di benefit per le atlete, partendo dalla maternità, che potrebbe marcare la differenza nella battaglia per la parità tra sport maschile e femminile. Secondo l’accordo, per le cestiste in dolce attesa il congedo prevede la corrispensione di uno stipendio intero,  un sussidio di assistenza (intorno ai cinquemila dollari) e pure uno spazio all’interno dei palazzetti dello sport americani per l’allattamento. Mentre le veterane della Wnba potranno chiedere un rimborso fino a 60 mila dollari per i costi di un’eventuale adozione, maternità surrogata o trattamento per la fertilità. Altre condizioni contrattuali danno il diritto alle atlete – mamme di ricevere una casa con due camere da letto e una singola per le gare in trasferta, oltre ad assistenza medica e psicologica in caso di violenza domestica e pure uno psicologo e un nutrizionista. Insomma, una rivoluzione per lo sport femminile e i primi significativi risultati di una battaglia che ha toccato il calcio e altre discipline.

LA NAZIONALE femminile di calcio statunitense, da decenni una delle più competitive al mondo tra titoli olimpici e mondiali, ha minacciato più volte lo sciopero per la parità salariale con i colleghi, imitate dalle colleghe spagnole. Nel tennis si è schierata per la tutela delle mamme – atlete Serena Williams, mentre in Italia è ancora lunga la strada verso il professionismo (e quindi salari adeguati e tutele), con l’emendamento alla legge di Bilancio approvato lo scorso 11 dicembre che ha trovato tiepide sia Coni che federazioni sportive.