Difficilissimo dare un’idea del suntuoso programma di capolavori e film ignoti, militi di un cinema perso nel tempo o in geografie poco convenzionali, che proponell’edizione di Cinema Ritrovato di quest’anno. Scegliamo quindi una sola sezione, esemplificativa della varietà di generi e momenti di storia del cinema proposti dal festival, ovvero quella dedicata alla Fox.
Oggi la Fox abita i nostri schermi, piccoli e grandi, ma non è che una lontana parente della creatura che William Fox, ebreo ungherese che si chiamava in realtà Wilmos Fuchs, aveva creato nel 1915, facendone uno degli studios dalla produzione più diversificata e spesso innovativa. Ritrovare questi titoli non era tra l’altro scontato, perché un grosso incendio che colpì un laboratorio nel 1937, in pratica divorò la produzione della casa, ma con un paziente lavoro di ricerca e restauro, a cura del MOMA, alcuni titoli stanno riprendendo vita.

SI COMINCIA con una delle firme più illustri della casa, John Ford, con il western Three Bed Men, di cui il regista girò nel 1948 il remake Three Godfathers con John Wayne, Harry Carey Jr. e Pedro Armendariz. La versione del 1926, considerata da alcuni critici il suo miglior lavoro nel muto, è più spettacolare del successivo, reduce com’era il «regista di western» (come si dichiarò laconicamente Ford alla commissione per le Attività Antiamericane) dall’enorme successo di Iron Horse, e propone tre eccentrici banditi che si prendono a cuore la sorte di una giovane (e sprovveduta) coppia, partita alla conquista del Territorio del Dakota.

Street Angel (1928) di Borzage ha per protagonista la coppia più famosa della Fox muta, Janet Gaynor e Charles Farrell, star dalla bellezza non vistosa ma ideali per incarnare l’immaginario dello spettatore-massa che frequenta da allora il cinema. Il film è ambientato in modo meno pittoresco del solito a Napoli, e più «italiano» di quanto non si possa pensare, firmato com’è da un regista di origini italo-svizzere, Frank Borzage (Borzaga) e interpretato da alcuni attori italiani immigrati, come Henry Armetta, il corpulento direttore del circo, irascibile ma dal cuore d’oro, che nasconde la ragazza inseguita da un carabiniere, il napoletano Guido Trento, che ostinatamente la cerca tra i vicoli, tra ombre espressioniste e il tono malinconico che contraddistingue i film sentimentali dalla lacrima irreprimibile di Borzage. (La censura fascista tagliò le parti di Trento-carabiniere inefficace e così i critici italiani non seppero mai che la sua non era affatto una parte di contorno. Inoltre Trento, insieme con Alberto Rabagliati, che era arrivato a Hollywood con un concorso della Fox per un volto italiano in grado di competere con Valentino, realizzarono insieme Sei tu l’amore, il primo film parlato e cantato in italiano, girato a Hollywood con altri attori del teatro degli emigrati. Opera di «italiani all’estero» odora di quella emigrazione che la storia del cinema italiano ha cancellato, segnalando l’anti-emigrazionsimo borghese italiano, collegato alla questione meridionale, che produce le radici del razzismo, oggi cosi feconde.)
The Sea Wolf (1930) di Alfred Santell è un notevole adattamento del romanzo di Jack London, avventuroso quanto nichilista, in cui il burbero lupo di mare viene interpretato da un grande attore del muto, Milton Sills. Il film utilizza il sistema Movietone, col sonoro su pellicola, laddove la Warner, che pur ebbe il primato storiografico del cinema cantato, parlato e ballato, funzionava con un disco sincronizzato con la pellicola, che facilmente perdeva la sintonia, come ci ha insegnato Cantando sotto la pioggia. Movietone erano anche i famosi cinegiornali della Fox, che completavano in modo perfetto la programmazione della casa.

PARTICOLARMENTE significativo è il gruppo dei film del 1931, che coincidono con la Grande Depressione e con il periodo in cui il codice Hays non è ancora in vigore e l’industria si scatena con dosi massicce di sesso, violenza e amoralità. Per la Fox vale poi il discorso che è in questa fase che William Fox, tipico self-made man con un grande intuito per i gusti del pubblico, affronta l’attacco della finanza che, per via degli investimenti sul sonoro, impone più saldamente il suo controllo sul cinema, con un tipico stile corporate che permette di mantenere il nome, il brand Fox, ma fa fuori l’imprenditore, scandalizzando persino il radicale Upton Sinclair, il quale scrisse un libro-intervista a difesa del movie mogul.
Sorprendente e poco noto Quick Millions (1931), un gangster film scritto e diretto da un insider, Rowland Brown, che la malavita la conosceva direttamente, in cui Spencer Tracy interpreta con il suo stile asciutto eppure ricchissimo di sfumature, un camionista che diventa boss del crimine, e in cui debutta il pugile-ballerino- gangster (nella vita reale) George Raft (nato a Hell’s Kitchen a NYC e italoamericano da parte di madre), per intenderci quello della monetina in Scarface, nel suo primo ruolo di rilievo, mentre balla un insolito tip tap. In effetti, tra malavita e Hollywood correvano rapporti assai più significativi della mera rappresentazione.
Surrender (1931) di William K. Howard, è un precursore del capolavoro pacifista La Grand Illusion, interpretato da un Ralph Bellamy rasato come Stroheim nel film di Renoir. Fotografato dal grande James Wong Howe, la scenografia è firmata dal polacco Anton Grot, portatore di quel tocco «tedesco» che caratterizza in quegli anni la Fox, dove Murnau gira Sunrise.
Hello, Sister! (1933) è uno di quei film maledetti di cui è punteggiata la carriera di Erich von Stroheim, che lo realizzò alla Fox nella fase della sua massima crisi. Come Greed il film tratta di una giovane coppia che una inconsueta Zasu Pitts, malignamente invidiosa, un amico lussurioso e una vicina avida riescono a distruggere. Così sgradevoli dovevano apparire la vicenda e la sua cruda messa in scena che il film fu tagliato (mozzato?) e alcune parti rigirate, tanto che nei titoli di testa, caso eccezionale, non c’è neppure il credit per il regista.
The Warrior’s Husband (1933) è una commedia alquanto bizzarra, che riprende il testo che aveva lanciato a Broadway Katherine Hepburn, nel ruolo di una amazzone che si innamora di un guerriero greco. Ruolo affidato qui alla bella italoamericana Elissa Landi, che però non ha l’incisività attoriale della Hepburn. Firmata da Walter Lang la commedia ribalta la guerra tra i sessi, proponendo una società in cui le donne rappresentano la forza e gli uomini sono frivoli.
Nel 1935 quel che restava della Fox si fuse con la 20th Century di Zanuck, eppure il brand rimase e rimane Fox – una volpe che ha conquistato una fetta importante del mercato seriale, però non ha cambiato pelo, offrendo un servizio news diciamo «conservatore».