L’Europa può tirare un sospiro di sollievo. Se gli exit poll di ieri sera avranno trovato conferma nella notte, l’inizio dell’ondata populista che avrebbe dovuto sommergere il Vecchio continente è stata bloccata prima ancora di nascere.

La temuta vittoria di Geert Wilders alle elezioni olandesi per il rinnovo del parlamento infatti non c’è stata. Il leader dell’estrema destra, che aveva promesso di chiudere le frontiere agli immigrati e cacciare i marocchini per poi traghettare il Paese fuori dall’Unione europea si è aggiudicato 19 seggi, attestandosi così molto dietro il Ddv del premier liberale Mark Rutte, premiato dagli elettori con 31 seggi, e alla pari con i democristiani della Cda e i liberali di sinistra di D66, entrambi a 19 seggi.

Prevista, ma non per questo meno clamorosa, l’affermazione dei GroenLinks, la Sinistra Verde guidata da Jesse Klaver, vera rivelazione di queste elezioni, che quadruplicano i propri deputati e guadagnano 16 seggi. Il secondo posto del Partito della Libertà di Wilders, insidiato nella notte da Cda e D66, mette fine a ogni velleità di governo da parte del biondo leader dell’estrema destra.

Da Marine Le Pen a Matteo Salvini i populisti di tutta Europa almeno per ora possono mettersi il cuore in pace. «Gli elettori ci hanno dato ancora fiducia», è il primo commento arrivato ieri sera dallo staff del premier liberale.

Molti i fattori che hanno contribuito al risultato che permette adesso all’Europa di guardare con un po’ di fiducia alle prossime scadenze elettorali in Francia e Germania. Uno riguarda sicuramente la fermezza dimostrata dal premier Rutte nello scontro diplomatico con la Turchia che ha caratterizzato la vigilia del voto e che potrebbe aver rassicurato anche l’elettorato «dutch» più spaventato dalla presenza di immigrati nel Paese.

Paradossalmente, invece, non è escluso che il voto della numerosa comunità turca presente in Olanda abbia contribuito alla scalata dei Verdi di Klaver. Chiamati dal presidente Erdogan a «non votare per i razzisti», ma soprattutto spaventati dalle conseguenze di una vittoria di Wilders, alla fine potrebbero aver visto proprio nel giovane leader trentenne, padre marocchino e madre indonesiana, il candidato ideale.

Nessun dubbio, invece, che quelle appena passate siano state tra le elezioni più sentite e partecipate in Olanda. A testimoniarlo c’è l’alta affluenza alle urne, l’82% contro il 74,6% delle ultime elezioni del 2012, che fin dal mattino ha caratterizzato la giornata di voto, con lunghe file davanti ai seggi allestiti ovunque nel paese.

Per Rutte, che comunque ha perso 10 seggi rispetto al 2012, i problemi cominciano adesso. Una volta passata l’euforia della vittoria il premier dovrà infatti riuscire a trovare i 76 deputati (su 150) necessari per formare una maggioranza a governare. Senza più poter contare, o almeno non molto, sui laburisti del PvdA con i quali era in coalizione fino a ieri ma che, come previsto da tutti i sondaggi, hanno subito un tracollo con la perdita di ben 29 seggi rispetto al 2012, passando da 39 ad appena 9.

Il premier dovrà quindi cercarsi i voti altrove.

Nei giorni scorsi non ha escluso alleanze con i liberali di sinistra del D66 e i cristiano democratici della Cda, senza escludere un aiuto da parte degli ultraconservatori protestanti dell’Unione cristiana. Porte aperte, in teoria, anche ai Verdi, anche se le distanze tra le due formazioni non mancano. Un lavoro complicato, quindi, che potrebbe richiedere molto tempo.

Nel 2012 servirono 54 giorni a Rutte per arrivare a un accordo con i laburisti che permettesse la formazione di un esecutivo. Non è detto che oggi le cose possano procedere in maniera più veloce.

E’ la seconda volta in pochi mesi che i timori di una vittoria populista vengono annullati dalle urne. A dicembre a essere sconfitto era stato il candidato dell’estrema destra alle presidenziali austriache Herbert Hofer, battuto dal Verde Alexander Van der Bellen.

Oggi Wilders, a dimostrazione di come, al di là delle indicazioni fornite dai sondaggi, le parole d’ordine dei populisti facciano ancora fatica a conquistare gli elettori.

Non a caso, sebbene ieri sera di fronte ai primi exit poll abbia prevalso la prudenza, i commenti in arrivo dall’Europa tradivano tutta la soddisfazione per lo scampato pericolo: «L’insegnamento» delle elezioni in Olanda è che è necessario «mettersi la tuta da combattimento e andare allo scontro gli estremisti», ha twittato il presidente del Partito popolare europeo Manfred Weber. «Sono sollevato, ma dobbiamo continuare a combattere per un’Europa aperta e libera», ha scritto invece l’ex presidente del parlamento europeo Martin Schults, candidato per la Spd alla cancelleria tedesca .