In duemila ieri hanno sfilato a Comerio (Varese), quartier generale europeo di Whirlpool, per dire no alla strategia dell’azienda: 500 milioni di investimenti, 2.060 esuberi, due siti da chiudere (Carinaro e None), due da trasferire (Albacina e Milano). «Tutti uniti contro un piano industriale inaccettabile» hanno urlato i lavoratori provenienti da tutte le sedi italiane, anche quelli lombardi dove pure si prevedono 300 assunzioni. A osservare il corteo i busti dei tre fondatori della Ignis: Guido, Giovanni e Giuseppe Borghi.

Dalla Campania sono partiti giovedì notte nove pullman (8 da Carinaro e uno da Napoli), indosso la maglietta con la scritta «Faciteme sta’ quiet’» cioè «fatemi stare tranquillo». Due bus da Fabriano, in provincia di Ancona, e uno da None (hinterland di Torino). Chiusi gli stabilimenti varesini i cui dipendenti hanno partecipato in massa al corteo. Al fianco dei lavoratori tre sindaci della zona con tanto di fascia tricolore.

La rabbia sale in proporzione con gli incontri andati a vuoto da quando l’azienda Usa, ad aprile, ha fatto scoppiare la bomba del piano di ridimensionamento del personale e delle fabbriche.

L’ultima doccia fredda è arrivata martedì scorso. La Whirlpool ha spiegato di avere stretto accordi per cedere il sito torinese alla Mole Logistica, che assorbirebbe anche i 90 dipendenti; a Napoli dovrebbe arrivare una nuova piattaforma lavaggio per il mercato nordamericano che porterebbe sulle linee 100 lavoratori in più (sui 240 già dichiarati in esubero).

Per quanto riguarda Caserta invece l’unica via sarebbe la reindustrializzazione affidata a un altro soggetto: ci sarebbero trattative in corso con due imprese.

«È stata una grande giornata di lotta e solidarietà. La risposta dei lavoratori deve servire affinché la Whirlpool riveda le proprie scelte, specie su Carinaro, e il governo faccia concretamente la propria parte» ha ribadito ieri il segretario casertano della Fiom Guglielmi.

Le sigle confederali si aspettano un radicale cambio di rotta al prossimo incontro al ministero della Sviluppo economico il 17 giugno: «Martedì non abbiamo neppure voluto sentire chi fossero le due aziende interessate a Carinaro – ha proseguito Guglielmi – l’unica via è redistribuire le produzioni su tutti i siti. L’idea della Whirlpool è identica al piano B che tirò fuori Renzi quando incontrò le Rsu di Carinaro a Salerno. Abbiamo detto no allora e lo ripetiamo adesso».

Maurizio Landini, presente alla manifestazione, si aspetta che la prossima settimana al Mise parta la trattativa vera: «I lavoratori, uniti, respingono la logica sbagliata delle assunzioni da una parte e delle chiusure dall’altra. Non è accettabile la chiusura dello stabilimento di Caserta, un territorio che, come tutto il Mezzogiorno, sta pagando doppio il prezzo della crisi».

Punta il dito contro Andrea Merloni, responsabile della vendita della Indesit alla multinazionale Usa nel 2013, il leader della Fim Marco Bentivogli: «Il caso Whirlpool rappresenta la parabola delle imprese di capitalismo italiano di seconda generazione. Finito quello di relazione, gode di ottima salute il capitalismo dell’irresponsabilità. Mi auguro che le tartine e lo champagne delle feste di Cannes proprio mentre annunciavano i licenziamenti gli vadano di traverso».

Secondo Bentivogli «il piano è troppo fumoso e l’elemosina Whirlpool se la può tenere in tasca». Le parole del premier, che aveva battezzato la fusione come «fantastica» continuano a non andare giù: «Serve più attenzione e più rispetto per i lavoratori italiani» ha concluso e, rivolgendosi a Renzi, ha aggiunto: «Hai preso degli impegni, non dimenticarli».