«Qualunque vendita della Weinstein Company deve garantire che le vittime riceveranno una compensazione, che i dipendenti da ora in poi saranno protetti e che né i colpevoli né chi li ha agevolati vengano ingiustamente arricchiti». In un comunicato stampa, il procuratore generale di New York Eric T. Schneiderman -che aveva avviato un’indagine sulla compagnia poco dopo l’inizio, lo scorso ottobre, dello scandalo Weinstein – gela così l’acquisizione dello Studio, ormai sull’orlo della bancarotta e già in dissesto finanziario da prima dello scandalo, da parte di un gruppo di investitori guidato dall’outsider hollywoodiana Maria Contreras-Sweet.

A bloccare le contrattazioni, che si sarebbero dovute concludere domenica scorsa, è stata la causa intentata da Schneiderman a The Weinstein Company per violazione dei diritti civili, e che è stata ufficializzata proprio nel giorno in cui si sarebbe dovuta concludere la vendita, con il chiaro intento di posporla – se non addirittura di impedirla tout court: gli investitori potrebbero infatti decidere di tirarsi indietro.

«Come emerge dalla nostra denuncia – ha detto Schneiderman – la Weinstein Company ha ripetutamente infranto le leggi di New York, non tutelando i propri impiegati da pervasive molestie sessuali, intimidazioni e discriminazioni».
Maria Contreras-Sweet, che si era occupata durante l’amministrazione Obama di Small Business Administration (l’agenzia governativa punto di riferimento per le piccole imprese), era stata avvicinata lo scorso autunno – ha raccontato a «Variety» la sorella – da un gruppo di investitori con la proposta di comprare TWC.

Da allora, il suo intento dichiarato è stato quello di far rinascere dalle ceneri della Weinstein Company uno Studio guidato da donne – «Sarò la presidente di un consiglio di amministrazione a maggioranza femminile. Le donne saranno investitori di primo piano nella nuova compagnia, e controlleranno il suo pacchetto azionario» – che avrebbe istituito anche un fondo milionario per la compensazione delle accusatrici di Harvey Weinstein.

Il gruppo di investitori guidato da Contreras-Sweet ha poi avuto la meglio sui concorrenti interessati all’acquisto di TWC grazie alla promessa di non licenziare nessuno degli impiegati dello Studio – l’unico «addio» di rilievo sarebbe stato quello di Bob Weinstein, il fratello di Harvey che porterebbe con sé la sussidiaria Dimension Film.

A «gettare un’ombra» sull’intenzione dei nuovi acquirenti di fare tabula rasa del passato ci sono però due nomi: Ron Burkle – uno degli investitori principali, che secondo «Variety» si ritroverebbe a controllare il 20% della nuova compagnia e che ha da sempre fatto affari con i fratelli Weinstein – e David Glasser, ex braccio destro di Harvey che verrebbe nominato Ceo. Ma che secondo la causa di Schneiderman è responsabile di non aver «adeguatamente protetto» le impiegate da Harvey Weinstein e di non aver «indagato» la sua «cattiva condotta ».

Ecco quindi a chi con ogni probabilità si riferisce il procuratore generale quando parla di «agevolatori» che verrebbero «ingiustamente arricchiti» – ma l’ufficio della procura di New York «rimprovera» anche agli aspiranti acquirenti di aver rifiutato di chiarire come intendono compensare le vittime e tutelare in futuro i propri dipendenti. «Ci ha sorpresi apprendere che non erano seriamente intenzionati a discutere questi problemi, e nemmeno a condividere con noi qualunque informazione su come intendessero affrontarli», ha detto al «New York Times» Amy Spitalnick, portavoce di Schneiderman.

Un’accusa in aperta contraddizione con quanto dichiarato in precedenza da Contreras-Sweet – che aveva ricevuto anche il sostegno dell’avvocata femminista Gloria Allred, rappresentante legale di molte delle presunte vittime di Weinstein – e su cui è difficile fare chiarezza in un momento in cui qualunque notizia riguardi la quasi fallimentare Weinstein Co. e il suo fondatore viene presto avvolta dalla frenesia mediatica.