[do action=”citazione”]«Guaidó sta facendo parecchi errori strategici, e il suo piano non sta funzionando. Uno di questi è lo stratagemma degli aiuti umanitari. Non dico che in Venezuela non ci sia una situazione critica, ma lanciare una “operazione umanitaria” da uno dei territori più poveri della Colombia è indecente»[/do]

È il medico e giornalista colombiano Víctor de Currea-Lugo, incontrato a Bogotà e autore dell’omonimo blog, a raccontare «il cavallo di troia» degli aiuti “umanitari” in Venezuela, che «non possono essere parte di una strategia di guerra», dice.

E IN EFFETTI, A POCHI GIORNI della prova di forza mancata di Juan Guaidó – l’autoproclamato presidente del Venezuela, che lo scorso 23 febbraio ha chiesto all’esercito venezuelano e al mondo di stare dalla sua parte e contro contro il mandatario Maduro, organizzando concerti e forzando le frontiere per far passare camion di cibo e medicine targate Usaid – c’è un’altra narrazione che attraversa i territori di confine fra Colombia e Venezuela: è quella della Nazione Wayuu, un popolo indigeno binazionale che in Colombia conta circa 270 mila persone nella penisola di La Guajira, nel nord est del paese.

I WAYUU VIVONO LA CRISI umanitaria più grave di sempre, con oltre 5 mila bambini morti di denutrizione e altri 60 mila in gravi condizioni. Una situazione che la militarizzazione del confine delle ultime settimane e il blocco economico imposto dagli Usa contro il Venezuela hanno ulteriormente peggiorato. Tanto che l’associazione per i diritti umani Fuerza Mujeres Wayuu, attraverso la voce di una delle rappresentanti Jakeline Romero Epiayu, ha lanciato un appello: «Non siamo contro la solidarietà ai fratelli venezuelani. Ma questi interventi umanitari hanno il solo obiettivo di renderci strumenti degli Stati uniti. Chiediamo al governo colombiano di intervenire con urgenza per quella che è definita anche dal Tribunale interamericano per i diritti umani una crisi umanitaria gravissima. Il nostro territorio soffre la fame e la sete a causa dei megaprogetti legati al carbone».

 

La miniera di El Cerrejon (Archivio Contagioradio)

 

NELLA ZONA DI LA GUAJIRA c’è El Cerrejon, la miniera di carbone a cielo aperto più grande del mondo, oggi in mano alla statunitense Drummond e alla svizzera Prodeco-Glencore: si estende per 69. 327 ettari e dalla sua inaugurazione nel 1985, ha provocato la sparizione di 17 bacini idrici, la desertificazione di 72.000 ettari di foresta e lo spostamento di fiumi fondamentali in zone desertiche, come il Rio Rancheria. Ecco perché lunedì è stata presentata una domanda al Consiglio di stato colombiano per la chiusura della megaminiera, in quanto avrebbe violato in 60 occasioni i termini della licenza ambientale, compartecipando in maniera decisiva all’impoverimento materiale e spirituale del popolo indigeno Wayuu.

ATTRAVERSARE LA PENISOLA de La Guajira produce emozioni contrastanti. Il paesaggio è secco, affascinante e violento. Affacciata sul Mar dei Caraibi, divisa dal resto del paese dalla Sierra Nevada, è una regione abitata fin dall’antichità dai Wayuu, che sfoggiano i rituali vestiti ampi e colorati, adornati dalle borse che la cosmogonia racconta tessute da un grande ragno. Guajira in Colombia può significare turismo, tramonti e dune di sabbia. Oppure carbone insanguinato e povertà.

 

Angelica Ortiz di Fuerza Mujeres Wayuu a Riohacha (foto Francesca Caprini)

 

NELLA CAPITALE REGIONALE, Riohacha, incontriamo Angelica Ortiz, di Fuerza Mujeres Wayuu. Arriva con una scorta armata a causa delle minacce ricevute per la sua attività politica . È solo di due giorni fa l’ultimo assassinio di un leader wayuu, il professore Víctor Ceballos Epinayu. La sua uccisione fa salire a 35 il numero dei leader indigeni ammazzati in Colombia dalla fine del 2018, e a quasi 500 quello delle e dei difensori ed ex combattenti caduti dalla firma degli accordi di pace con l’esercito guerrigliero Farc Ep nel dicembre del 2016. Ma nella Nazione Wayuu sono le donne a correre i rischi maggiori, per il potere politico e spirituale che ricoprono nelle comunità, organizzate per via matrilineare.

«FUERZA DE MUJERES WAYUU nasce nel 2006 come organizzazione femminile in difesa dei diritti umani – racconta Angela -. È stata inizialmente una risposta alle violenze causate dalle Auc – Autodefensas Unidas de Colombia (uno dei principali gruppi armati paramilitari, che a La Guajira comparvero a ruota dei lavori della miniera, ndr) – ma si occupa di rendere visibile la situazione di fragilità del nostro popolo, impoverito da uno sviluppo che ha provocato lo smembramento delle comunità, la sparizione dalle mappe geografiche di almeno 15 di loro e il “riposizionamento” temporaneo di altre 5; el Cerrejon, l’industria del carbone nel cuore del nostro territorio, consuma al giorno fra i 17 e i 20 milioni di litri di acqua, mentre noi dobbiamo raccattare qualche gallone di acqua tiepida».

E mentre la vicepresidenta colombiana Lucía Ramírez si affretta a dichiarare che «gli aiuti umanitari arriveranno anche a La Guajira», Angelica ribadisce: «Quello che chiediamo al governo Duque è un cambiamento radicale delle politiche energetiche nei nostri territori, non l’elemosina».
Una locomotiva mineraria – così come viene definito il motore dell’economia colombiana – che punta sul carbone come primo esportatore dell’America latina – e che in passato contava anche l’Enel fra gli acquirenti: l’evidenza delle connessioni della Drummond con il paramilitarismo – grazie alle denunce di varie organizzazioni (fra cui l’italiana Re:common, con il dossier Profondo Nero) – ha spinto la multinazionale a ritirarsi dal commercio del carbone, mentre continuano i suoi interessi in Colombia nel campo idroelettrico e solare.