A Richard Grenell sono bastati 4 giorni per fare qualcosa che l’Europa non è riuscita a fare per anni. L’ambasciatore Usa in Germania ha incassato il primo, importante risultato da quando nell’ottobre scorso è stato nominato inviato speciale per il dialogo tra Serbia e Kosovo: la firma di una lettera d’intenti sulla ripresa di voli diretti Pristina-Belgrado, interrotti da 21 anni.
A siglare l’intesa la compagnia tedesca Lufthansa che opererà i voli, una delegazione del ministero dell’economia serbo e la dirigenza dell’agenzia dell’aviazione civile del Kosovo. Qualche giorno dopo lo stesso Grenell ha poi annunciato un accordo di principio per il ripristino dei collegamenti ferroviari tra le due capitali.

Le intese arrivano dopo mesi di stallo nel dialogo Pristina-Belgrado e rappresentano un evidente cambiamento di marcia nella politica di Washington nei Balcani. Il dialogo tra i due Paesi sostenuto dall’Ue si era arenato più di un anno fa dopo il tentativo di risolvere la questione del Kosovo con uno scambio di territori (e popolazioni) tra i due Paesi caldeggiato dall’ex Alto rappresentante dell’Ue Federica Mogherini, dal presidente del Kosovo Hashim Thaqi e dal suo omologo serbo Aleksandar Vucic. Un’ipotesi la cui sola discussione era bastata a destabilizzare la regione e che ha finito con il compromettere l’iniziativa politico-diplomatica imbastita dall’Ue.

A nulla è valso il tentativo della cancelliera tedesca Angela Merkel di rilanciare il dialogo attraverso il processo di Berlino, l’ennesima iniziativa politica naufragata nel vuoto dell’assenza di una politica estera europea. E così dopo anni di fallimenti dell’Ue, gli Stati Uniti sembrano ora volersi ritagliare il ruolo di mediatore nei negoziati tra Serbia e Kosovo strappandolo a Bruxelles. E non è un caso se tra le dichiarazioni che hanno fatto seguito alle due intese, non ve ne sia alcuna da parte europea.

Per Washington i due accordi sono il primo passo per uscire dallo stallo. Grenell, che in settimana si è recato in Serbia e Kosovo, punta ora a convincere Pristina ad abolire i dazi doganali del 100% sulle merci di provenienza serba (e bosniaca) e a dissuadere Belgrado dal proseguire la campagna internazionale contro il riconoscimento del Kosovo che ha impedito l’ingresso dell’ex provincia serba nell’Interpol.
E poi c’è il grande interrogativo: una volta superate queste questioni “collaterali” e si arriverà al nocciolo della questione, la sovranità e l’indipendenza del Kosovo, quali carte giocheranno gli Stati uniti?

E qui val la pena ricordare che lo scambio di territori che avrebbe conseguenze nefaste per tutta la regione, era sostenuto in primis da Washington e soprattutto da John Bolton, ex consigliere della sicurezza nazionale nell’amministrazione Trump di cui Grenell è stato assistente. Critico dell’indipendenza del Kosovo, Bolton ha da sempre sottolineato la necessità di un’intesa che riflettesse la «situazione etnica e politica sul territorio». Uscito dalla finestra, l’accordo di scambio rientrerà dalla porta?