Secondo la stampa cinese il 28 e il 29 marzo il negoziatore americano Roberto Lightizer sarà a Pechino per l’«ottavo round» dei colloqui tra Cina e Stati uniti sulla questione dei dazi. Rumors e fonti cinesi danno per certo un accordo al termine dell’ennesima tornata negoziale, ma su quali basi si riuscirà ad arrivare a un compromesso è ancora un mistero.

La Cina ha promesso di comprare più prodotti americani, come la soia, ma si tratta della risposta costante di Pechino alle richieste americane. Gli Usa continuano a insistere sulla questione relativa al «furto» di know how tecnologico da parte di Pechino nei confronti delle aziende americane: posizione ribadita ieri da un documento emesso dal Trade Council americano. Il problema però è che al riguardo non c’è alcuna prova.

La guerra dei dazi dunque potrebbe arrivare a un compromesso entro fine mese, ma potrebbe significare, in realtà, un nuovo stallo, mentre la situazione globale si va complicando, con Usa e Cina costantemente ai ferri corti sulle telecomunicazioni e le recenti accuse pronunciate nell’audizione sul bilancio della difesa per l’anno fiscale 2020 del comitato Servizi armati del Senato, nella quale si cita una presunta «minaccia cinese».

E a dimostrazione di quanto i due paesi, e le due economie, siano interconnessi – tanto da rendere molto chiaro che un’unica soluzione potrebbe arrivare solo abbandonando questo scontro a due e allargando a un confronto multilaterale in cui dovrebbe essere coinvolta anche l’Europa – ieri a Pechino c’era Tim Cook, amministratore delegato di Apple. Cook è stato ricevuto da Sun Chunlan, il vice premier cinese.

«La Cina è disposta a collaborare con aziende statunitensi, tra cui Apple, per promuovere la cooperazione bilaterale in settori quali l’informazione, la riduzione della povertà educativa, l’istruzione, la formazione professionale, nonché promuovere congiuntamente lo sviluppo delle relazioni Usa-Cina», ha detto Sun, mentre Cook – secondo la stampa locale – avrebbe parlato «delle grandi conquiste della Cina nel campo dell’istruzione e della riduzione della povertà e espresso la volontà di coordinarsi strettamente con la parte cinese per promuovere uno sviluppo approfondito della cooperazione educativa».

L’incontro è piuttosto significativo: l’ambito economico tra i più discussi è proprio quello legato all’hi-tech e di recente Apple ha sofferto e non poco non solo per la saturazione del suo mercato di riferimento ma anche del rallentamento cinese proprio per i dazi di Trump.

Una guerra che sta diventando sempre più rischiosa per tutto il comparto dell’Asia: le aziende asiatiche fornitrici del settore tecnologico dovranno affrontare un periodo prolungato di calo della domanda globale, per effetto delle tensioni commerciali Usa-Cina. Taiwan Semiconductor Manufacturing Co., fornitore di Apple, ha in previsione un calo del 20% nel primo trimestre dell’anno del suo utile operativo.

I dati sul quarto trimestre 2018 segnano cali sensibili degli utili per il produttore di chip sudcoreano SK Hynix e per il taiwanese Nanya Technology, oltre all’azienda giapponese Nidec. Sk Hynix, in particolare, ha visto crollare il proprio utile operativo del 32% rispetto al trimestre precedente. Come riportato dai media di settore, Foxconn, principale fornitore di Apple, ha riportato perdite nel fattura di oltre l’8% nel mese di dicembre.

Questo ha significato una contrazione di tutto il settore taiwanese, molto importante anche per la Cina, per la prima volta da dieci mesi a questa parte. L’azienda taiwanese, così come gli altri fornitori del colosso di Cupertino, avverte gli effetti del calo della domanda globale degli iPhone.