Un colloquio privato di 40 minuti. A Santo Domingo, dove si è svolta la 46ma Assemblea dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa), la ministra degli Esteri venezuelana Delcy Rodriguez ha incontrato il Segretario di Stato nordamericano John Kerry, nel tentativo di riannodare il dialogo fra i due paesi. A questo scopo, Kerry ha incaricato il suo consigliere Thomas Shannon di dare inizio “immediatamente” ai colloqui bilaterali “per superare vecchie retoriche”. Le tensioni fra i due paesi – che non hanno più rappresentanze diplomatiche ufficiali – sono giunte al massimo l’anno scorso quando Washington ha dichiarato il Venezuela “una minaccia inusuale e straordinaria per la sicurezza nazionale e per la sua politica estera” e ha imposto sanzioni a diversi funzionari del governo Maduro, inasprite quest’anno. “Spero che questo nuovo dialogo ci dia la capacità di essere d’aiuto alla linea Zapatero”, ha affermato Kerry, precisando che non si tratta però “di conversazioni escludenti”.

 

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John Kerry alla 46ma Assemblea dell’Organizzazione degli Stati americani (LaPresse)

 

Washington, infatti, gioca su tre tavoli, che intende tenere aperti per modulare le nuove dinamiche regionali: il tavolo del referendum revocatorio contro Maduro, principale condizione posta dall’opposizione venezuelana; quello del dialogo avviato da alcuni ex presidenti guidati dallo spagnolo José Zapatero sotto l’egida della Unasur; e la Carta democratica interamericana, chiesta dal Segretario generale dell’Osa Luis Almagro. Il tentativo è stato anticipato e respinto dalla gran parte dei paesi, ma Almagro ha rimesso la discussione in calendario per il prossimo 23 giugno. La diplomazia venezuelana ha annunciato l’istituzione di un Consiglio permanente straordinario dell’Osa e per il 21 giugno ha indetto una nuova riunione urgente dell’organismo. L’azione di Kerry ha agevolato il recente pronunciamento dell’organismo, che ha espresso pieno appoggio al dialogo della Unasur e “sconfessato” la volontà di Almagro di proseguire sulla via delle sanzioni economiche e dell’intervento esterno, mascherato da “aiuto umanitario”.

A Santo Domingo, ufficialmente si è discusso di “sviluppo sostenibile” per la regione. Il duro scontro di poteri in corso in Venezuela ha permeato però, sia gli interventi ufficiali che il lavoro “di corridoio”. Gli Usa, o perlomeno le fazioni più “interventiste” hanno fatto circolare un documento “esplorativo” e non ufficiale, denunciato dalla diplomazia venezuelana come “un tentativo di far pressione sui paesi a favore della Carta democratica”. Durante l’Assemblea, il Messico si è schierato apertamente a favore di Almagro, che ha scelto di ricevere solo le ong di opposizione e non il Comitato vittime delle guarimbas (le violenze fasciste del 2014) e che per il 23 ha invitato i dirigenti della Mesa de la Unidad Democratica (Mud). Altri paesi, come l’Ecuador, hanno invece espresso parere opposto, rifiutando le ingerenze esterne e appoggiando il dialogo della Unasur.

Dello stesso tenore l’intervento di apertura dei lavori pronunciato dal presidente della Repubblica Dominicana, Danilo Medina, che ha ricordato gli interventi nordamericani del secolo scorso nel suo paese e ha chiesto agli Stati uniti e all’Osa di chiedere scusa. Il discorso dell’energica ministra degli Esteri venezuelana ha ripreso il tema, ha ricordato il ruolo subalterno e parziale dell’Osa di fronte alle “aggressioni imperialiste” e ha attaccato Almagro, invitandolo a dimettersi per aver derogato alle funzioni contemplate dal suo ruolo. I paesi dell’Alba – Nicaragua in testa – hanno appoggiato la denuncia di un gruppo di movimenti e organizzazioni popolari e chiesto ad Almagro di rinunciare a “un incarico che non è capace di svolgere”. La Carta Democratica – ha ricordato Rodriguez – prevede un intervento in caso di “rottura dell’ordine democratico e costituzionale”. Ma in un paese come il Venezuela, che ha un presidente democraticamente eletto e che, dal 1999, ha organizzato venti elezioni (solo due delle quali perse) “a dover essere protetto dagli attacchi sovversivi è semmai il governo legittimo e il suo presidente”.

Kerry ha invitato il Venezuela a “liberare i prigionieri politici, a rispettare la libertà di espressione e di riunione, ad alleggerire la scarsità di alimenti e medicine e a onorare i meccanismi della sua Costituzione, compresa la rapida attivazione di un referendum revocatorio”.

 

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Delcy Rodriguez con l’ambasciatore venezuelano all’Osa (LaPresse)

Rodriguez ha ribattuto: “Nel mio paese non vi sono prigionieri di coscienza. E noi sappiamo bene cosa significhi essere messi in galera per le proprie opinioni: lo abbiamo verificato durante la IV Repubblica, quando coloro che oggi ci accusano di non essere democratici incarceravano e torturavano gli oppositori. Anche negli Stati uniti – ha aggiunto – si verificano di frequente scontri fra poteri, ma nessuno chiede di risolverli con l’intervento di un paese straniero”. Ha denunciato l’esistenza di una manovra internazionale per giustificare “l’intervento militare in Venezuela”. E ha aggiunto: “Abbiamo molto da discutere, signor Kerry, prima di avvicinare le reciproche posizioni”. Da Caracas, il presidente Nicolas Maduro ha ribadito la costante ricerca del dialogo nei confronti di Washington, nel quadro della politica “di pace e distensione” portata avanti dal suo governo.

Intanto, la diplomazia venezuelana ha ottenuto un altro importante appoggio: con un totale di 177 voti su 193, il paese bolivariano è stato eletto come membro principale del Consiglio economico e sociale dell’Onu. In quanto membro del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, il Venezuela, rappresentato dall’ambasciatore Rafael Ramirez, sta conducendo importanti azioni di sostegno “alla pace e all’autodeterminazione dei popoli”: in favore dei palestinesi, dei kurdi e dei sahrawi e per disinnescare la corsa agli armamenti.

Martedì, mentre a Caracas marciavano per appoggiare il governo insegnanti, docenti, studenti e lavoratori del settore educativo, si è attivata una campagna mondiale per sostenere la rivoluzione bolivariana, che prevede la diffusione di brevi video esplicativi. E a Santo Domingo, al termine dell’Assemblea Osa si è svolta una grande manifestazione di solidarietà al Venezuela bolivariano, paese determinante per la stabilità della regione.