I Bonnie e Clyde del Ventunesimo secolo sono svelti sulla tastiera, divorano ogni giorno intere autostrade informatiche, non hanno fusi orari e frontiere. E sono spesso russi. Giovedì scorso il Dipartimento del Tesoro Usa ha emesso le prime sanzioni contro cittadini russi formalmente al di fuori del controllo degli apparati del Cremlino.

Le sanzioni sono state imposte contro Maxim Yakubets, presunto fondatore di Evil Corp, un team di ladri informatici il cui nome rimanda a una società hacker anarco-insurrezionalista del serial Mr. Robot. Colpiti dalle misure Usa anche il più stretto collaboratore di Yakubets, Igor Turashev, Alexey Bashlykov, Ruslan Zamulko, Tatyana Shevchuk, Azamat Safarov, Gulsara Burkhonova e un’altra dozzina di persone che avrebbero svolto funzioni di fiancheggiamento, di copertura e di riciclaggio.

Evil Corp, secondo il Dipartimento statunitense sarebbe «il gruppo criminale informatico più pericoloso apparso negli ultimi 10 anni» e avrebbe realizzato «colpi così audaci e sofisticati da essere difficili solo da immaginare».

Negli ultimi anni il gruppo, grazie al potente malware Zeus e altri virus, avrebbe svuotato le casse di 21 comuni americani, di banche e società no profit in California, Illinois, Iowa, Kentucky, Maine, Massachusetts, New Mexico, North Carolina, Ohio, Texas e Washington.

Saccheggiate anche le donazioni di una setta religiosa cristiana. I russi avrebbero anche attaccato e derubato la Bank of America. Attiva anche in Gran Bretagna, sulla testa del capo dell’organizzazione pende una taglia da cinque milioni di dollari promessa dalla National Crime Agency.

In realtà, secondo i servizi americani, Yakubets «fornisce anche assistenza diretta agli sforzi informatici del governo russo, arruolando criminali al fine di realizzare gli scopi malvagi del Cremlino». Un po’ Joker e un po’ agente della Spektra, Yakubets per gli americani collaborerebbe con il governo russo in cambio di protezione.

Del resto, che i ladri informatici si muovano sul filo di equilibri invisibili che costeggiano il mondo politico è noto. Ipotesi realistica se la vicenda della Evil Corps non fosse assai più complessa, una vicenda in cui non sarebbero solo gli hacker a fare il doppio e il triplo gioco.

Venerdì l’agente del Fbi Jacob Foyles ha svelato che nove anni fa, nel luglio 2010, gli Stati uniti si rivolsero ufficialmente alle autorità russe per aiutarli a mettere sotto scacco Evil Corp, chiedendo l’identificazione del proprietario dell’indirizzo email aquamo@mail.ru.

L’uomo dell’Fbi sostiene che la Russia avrebbe informato del collegamento tra l’indirizzo mail e Yakubets, il capo di Evil Corp. Foyles sostiene inoltre che, malgrado le informazioni ricevute dalla Russia fossero affidabili, non vennero trasferite nei registri ufficiali. Lascia così all’opinione pubblica la possibilità di trarre le sue conclusioni, ma è chiaro che per molti anni la Casa bianca ha lasciato che il gruppo russo scorrazzasse senza freni.

Nella querelle ha voluto dire la sua anche il Cremlino, confermando le dichiarazioni di Foyles. «Gli Usa hanno rifiutato di collaborare con le autorità russe nelle indagini sulle attività degli “hacker russi”», ha detto il portavoce di Putin, Dmitry Peskov.

Il governo russo, a sentire Peskov, aveva ripetutamente proposto una cooperazione nella lotta alla criminalità informatica, ma queste proposte «purtroppo si sono imbattute in un muro di riluttanza». Ma anche qui le cose sono meno lineari di quanto sembri: il trentaduenne Yakubets vive tranquillamente a Mosca dove spesso lo si vede scorrazzare con la sua Lamborghini da 350mila dollari.