Devo dire che ammiro moltissimo quei registi che hanno girato film biografici musicali dopo il 2007. Quell’anno è uscito Walk Hard – la Storia di Dewey Cox con John C. Reilly. Una parodia che ha centrato tutti i cliché con tale precisione e una forza di risate così micidiale da risultare mortale. All’inizio del film, un macchinista sta cercando Dewey perché è ora di salire sul palcoscenico ma un vecchio amico di Dewey lo ferma e gli dice: ‘Non sai che prima di ogni spettacolo, Dewey deve ricordare sua vita intera?’ Il resto del film è un flashback.

 

Anche Judy di Rupert Goold inizia verso la fine e racconta la vita spesso tragica della famosa attrice e cantante – la Dorothy del Mago di Oz – con momenti e ricordi infilati nella storia del suo ultimo tour a Londra. Non vediamo i trionfi o il fascino di Hollywood, vediamo invece l’intimidazione, l’abuso fisico e psicologico di una fanciulla di quattordici anni alla quale vengono somministrate anfetamine per controllarne il peso e costringerla a non  mangiare. Anche il suo rapporto con gli uomini è sotto il controllo dello studio. Ma la maggior parte del film si svolge nel 1968 e a Londra. Qui Garland sta facendo una serie di spettacoli. Separata dai suoi figli e con problemi di salute, Judy viene trattata come una diva, con tanta ammirazione ma poca empatia. Il suo pubblico – tranne due fan appassionati –  è volubile e pronto a fischiare quando non la reputano all’altezza della sua fama.

 

Renée Zellweger crea una Judy imprigionata da un’armatura indossata per proteggere se stessa. Si comporta da Diva non perché è arrogante o tratta male gli altri ma come una strategia di autodifesa. Il suo bisogno d’amore da parte del pubblico e il suo quinto marito – che incontra e sposa durante l’anno in cui è ambientato il film – sono il suo punto debole, ma senza tutto questo non sarebbe più Judy.


Perché questi film sono così ossessionati dalla fine, dal declino e non dall’inizio o dall’apice della carriera? Judy, Love & Mercy, Nico 1988, Miles Ahead e Born to Be Blue sono tutti concentrati sul momento in cui la fama è già passata –  come se non potessimo guardare il sole direttamente ma solo le ombre che si lascia dietro. Perfino A Star is Born di Bradley Cooper è molto meno interessato al talento nuovo di Lady Gaga che alla stella cadente di Bradley Cooper. In quel caso e anche nel caso di Judy la speranza è proprio l’immortalità data dalla fama, ‘Somewhere over the rainbow’. ‘Ricordati di me,’ dicono, anche nel momento della morte, troppo ma troppo presto. Nel caso di Judy Garland, aveva solo 47 anni.