Quarantatreenne, fondatore della rivista letteraria Kwani?, Binyavanga Wainaina è autore di racconti pluripremiati e di un romanzo autobiografico (Un giorno scriverò di questo posto, 2013) in cui descrive la propria giovinezza tra il Kenya autoritario degli anni Ottanta e l’emigrazione in Sudafrica. Wainaina è anche noto per scritti satirici come How to write about Africa, in cui ridicolizza gli stereotipi occidentali sull’Africa. Il suo coming out ha seguito di pochi giorni l’approvazione della nuova legge anti-gay in Nigeria, che criminalizza anche la creazione di organizzazioni gay. Secondo gli oppositori, le misure sarebbero «un colpo a buon mercato» per risollevare la popolarità del presidente Goodluck Jonathan.

In Uganda, il 24 febbraio il presidente Yoweri Museveni ha infine firmato la legge approvata lo scorso dicembre dal parlamento, che arriva a punire con l’ergastolo il reato di «omosessualità aggravata» e criminalizzare anche chi non denuncia gli omosessuali. Sostenitore iniziale del testo, Museveni era riuscito finora a rimandarne l’entrata in vigore: pressato da un lato dai parlamentari e dai leader religiosi, il presidente cercava infatti di evitare le ritorsioni dei partner occidentali. Il comitato di esperti incaricato di valutare la possibilità di una determinazione genetica dell’orientamento sessuale, ultima obiezione avanzata da Museveni per bloccare il progetto di legge, ha però decretato che non esiste alcun gene dell’omosessualità, la quale «non è una malattia ma semplicemente un comportamento anormale che può essere appreso». Rifiutando di patologizzare l’omosessualità, il comitato apre paradossalmente la via alla sua criminalizzazione definitiva.

In Africa, 38 Paesi su 55 considerano l’omosessualità un reato. Ad eccezione dei Paesi in cui vige la sharia, le norme più restrittive si trovano nelle ex-colonie inglesi, che hanno ereditato la legislazione britannica sulla repressione della sodomia, abolita nel Regno Unito solo dalla fine degli anni Sessanta.