La giornalista americana Barbara Ehrenreich scrisse alla metà degli anni Novanta il memorabile reportage «Una paga da fame» sui bassi salari negli Stati Uniti, un’inchiesta che ha anticipato il futuro del lavoro. Quel futuro è ormai il presente in Italia.

L’Osservatorio sul lavoro accessorio dell’Inps ha confermato ieri la condizione reale in cui versa il popolo dei voucher, l’avanguardia rappresentata da 1 milione e 380 mila persone che vivono con i «buoni lavoro» da 10 euro all’ora (2,50 vanno all’Inps). Il resto del tempo lo passano dal lavoro nero alla partita Iva al contratto a termine alla disoccupazione. Un segmento imponente del quinto stato che oscilla tra una condizione di lavoro e non lavoro, anche se l’Istat lo contabilizza nel lavoro dipendente. Da quando sono stati adottati, e liberalizzati, cioè dal 2008, i voucher venduti sono stati oltre 347 milioni. La maggioranza oggi viene venduta nei tabaccai: 78 miliioni. Il tabaccaio è il luogo più simbolico per il lavoro oggi in Italia: segna la fine fisica del contratto del lavoro, e di un secolo di diritti. Il lavoro è uno scontrino che si acquista insieme a sigarette e una puntata al superenalotto. Questa terra di nessuno è stata coltivata dai governi degli ultimi sette anni. Da Berlusconi a Renzi, e la caduta non è ancora finita.

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Il guadagno netto medio dei lavoratori retribuiti con i voucher non è mai arrivato a 500 euro. Dal 2008 il loro numero è cresciuto esponenzialmente, mentre il numero medio di voucher riscossi dal singolo è rimasto sostanzialmente invariato: circa 60 voucher all’anno dal 2012.

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In sette anni di espansione selvaggia e incontrastata in tutti i settori dell’economia, l’età media dei voucheristi è andata decrescendo. Se prima erano i pensionati ad usarli di più, oggi sono gli under 35 in cima alla classifica. Sono le donne ad usare in maggioranza i voucher: oltre il 50%. I cittadini extracomunitari nel 2015 erano l’8,6%.

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Il popolo dei voucher è ovunque, specialmente a Nord dove sono venduti due buoni su tre. I lavoratori a ticket sono nel commercio, nel turismo, nella ristorazione, nel porta a porta. Emergono con prepotenza anche nel settore dei maneggi e delle scuderie. Questo per dare un’idea della diffusione molecolare del nuovo lavoro occasionale che sostituisce il contratto a termine vero e proprio. Da questo elenco sono escluse le «altre attività», cioè prestazioni nemmeno concepite per essere definite «lavoro»

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Il ricorso ai voucher è concentrato nel Nord del paese: il Nord-est con 127,7 milioni di voucher venduti incide per il 36,8%. A Nord-ovest 102,6 milioni di voucher venduti (29,5%). La regione più voucherizzata d’Italia è la Lombardia: 60,7 milioni di buoni lavoro. Seguono Veneto e Emilia- Romagna. Qui sono concentrati 809.341 voucheristi, il 59% di quelli contati nel 2015.

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*** Il girone infernale del popolo dei voucher. La vera storia del nuovo precariato