Il consiglio dei ministri ha varato ieri un decreto legislativo che contiene alcune correzioni a cinque decreti attuativi del Jobs Act La più attesa era quella sulla tracciabilità dei voucher. Dopo mesi di dibattito, l’esecutivo ha previsto che gli imprenditori non agricoli o professionisti che ricorrono a «lavoro a scontrino» sono tenuti a comunicare i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della sua prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore a sette giorni almeno un’ora prima dell’inizio della prestazione. Tale comunicazione avverrà mediante l’invio di un sms o di una mail alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Chi non rispetterà queste condizioni potrà essere soggetto a una sanzione amministrativa compresa tra i 400 e i 2400 euro.

Dunque, una mail o un messaggino sono gli unici antidoti individuati dal governo per sgonfiare il boom del lavoro nero coperto dai buoni lavoro che si comprano in tabaccheria, l’ultima frontiera del junk-work, il lavoro spazzatura ridotto a merce usa-e-getta. Ad una prima lettura del provvedimento sembra inoltre che l’esecutivo abbia escluso dal limite imposto ai committenti non agricoli le prestazioni non superiori a 2 mila euro per ciascun lavoratore. Un’esclusione motivata con il fatto che nel lavoro agricolo – l’ambito in cui inizialmente fu introdotto il voucher nel 2008 che anche grazie al Jobs Act è diventato la forma generale del lavoro precario di terza generazione in tutto il settore terziario – esiste il limite dei 7 mila euro a lavoratore, oltre a quelli di carattere stagionale per prestazioni effettuate da pensionati e da giovani con meno di 25 anni frequentanti un ciclo di studio.

A parere di Ivana Galli, segretaria generale Flai-Cgil, questa modifica va nella direzione di un più facile uso dei voucher. Avere escluso il tetto dei 2 mila euro significa «destrutturare il lavoro agricolo e snaturare il lavoro accessorio». Cioè quello che il Jobs Act ha fatto per tutti i settori, in particolare il commercio e il turismo, portando al clamoroso record di 115 milioni di voucher attivati, che per l’Inps corrispondono a circa 170 mila unità di lavoro part-time nel 2015. Solo nel primo trimestre del 2016 c’è stato un aumento del 45% rispetto al primo trimestre dell’anno precedente.

*** Voucher, un milione di lavoratori guadagna 500 euro

Il problema del decreto è che non interviene sul perimetro degli ambiti di applicazione dei voucher. Rendere tracciabile il «buono-lavoro» non serve infatti a impedire una serie di abusi: il voucher serve per dimostrare che il lavoratore è regolare in un campo o in un cantiere quando ci sono le ispezioni (se ci sono); in realtà viene usato per coprire i pagamenti in nero senza versare contributi, né rispettare i minimi contrattuali, i diritti fondamentali di lavoratori poveri, assolutamente flessibili e che non si concepiscono più nemmeno come «forza-lavoro».

«Sugli ammortizzatori sociali siamo alla farsa – sostiene la Cgil nazionale – Non si correggono gli errori che rendono difficile la gestione della crisi con la cassa integrazione riformata dal Jobs Act, non si interviene sulla Naspi per gli stagionali e costruisce una norma per i contratti di solidarietà che non risponde a nessuna logica in favore dei lavoratori. Questa è un’altra occasione mancata per correggere gli errori del Jobs Act». «Non è stata risolta la questione dei voucher acquistati, ma non ancora spesi – osserva Carmelo Barbagallo, segretario della Uil – Questi buoni rimasti nel cassetto sono la dimostrazione plastica del loro “utilizzo a convenienza”: occorre stabilire che quelli inutilizzati sono scaduti». L’auspicio dei sindacati confederali è di modificare questi aspetti del decreto, in attesa di approvazione, in vista del 14 giugno quando ci sarà un incontro concertativo su varie questioni al ministero del lavoro.

*** L’Italia è una repubblica fondata sui voucher

Per il presidente dell’Inps Tito Boeri la tracciabilità è una «misura giusta». Per il ministro del lavoro Poletti il governo ha confermato il suo impegno «contro illegalità e precarietà». Cesare Damiano, presidente Pd della commissione lavoro alla Camera, chiede di «reintrodurre il criterio dell’occasionalità voluto da Marco Biagi e la specificazione delle casistiche per l’uso dei voucher».