Un’intesa così ampia probabilmente non figurava neppure nei sogni più rosei del capo dello Stato. Centristi e FdI esclusi, tutte le aree politiche convergono sulla legge elettorale concordata da Renzi e Berlusconi. Quindi non dovrebbero esserci problemi di sorta nel suo percorso. Invece qualche ostacolo c’è.

Il primo non si chiama voucher ma «nuovi voucher» come li ha battezzati ieri Deborah Serracchiani. Tutta un’altra cosa, figurarsi, ma il particolare sfugge alla Cgil, che sta organizzando la manifestazione del 17 e alle forze di sinistra presenti in Parlamento oltre che a M5S.

Il problema è che tra dette forze c’è Mdp, che della maggioranza fa parte anche se non del governo. Un suo no alla fiducia potrebbe far cadere Gentiloni e precipitare la crisi prima che ci sia il tempo di varare la legge, sia pur procedendo di corsa. L’Mdp però alla legge ci tiene e sa che il Consultellum, unica risorsa in caso di caduta quasi immediata del governo, sarebbe invece una croce. Di conseguenza, salvo improbabili sorprese, deciderà di uscire dall’aula invece che di votare contro la fiducia.

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Il secondo intoppo è anche più spinoso, perché i centristi di Ap, a differenza della sinistra, il sistema proprozionale con sbarramento al 5% proprio non lo vogliono. Renzi però è irremovibile. Berlusconi ha persino fatto la figura del generoso non solo dicendosi pronto ad accettare qualsiasi soglia, anche bassa ma addirittura, nella telefonata di ieri con Renzi, perorando la causa dell’ex delfino fedifrago. Niente da fare. Da quell’orecchio Renzi non ci sente e Alfano ha avuto modo di constatarlo di persona. La risposta al Berlusconi in veste di patrocinatore dei più deboli è stata brusca: «Alfano ve lo dovete caricare voi».

Stasera il ministro degli esteri riunirà il consiglio di guerra, al secolo i gruppi parlamentari, poi il primo giugno la direzione dovrà prendere una decisione difficile. Perché i centristi di arma ne hanno una sola, ed è quella definitiva: uscire dalla maggioranza, far cadere il governo e accettare il voto con il Consultellum sperando di passare almeno la soglia del 3% alla Camera.

Se non ci fosse la manovra di mezzo, che dovrà essere almeno prefigurata da questo governo perché non si può certo partire da zero in novembre inoltrato, si potrebbe anche pensare a una «non sfiducia tecnica» di Fi in caso di defezione dei centristi. Ma la manovra c’è e Fi ha già risposto proprio ai centristi, che chiedevano agli azzurri di condividere da subito la responsabilità della stessa, che di larghe intese prima delle elezioni non se ne parla nemmeno. Dunque se stasera i centristi decideranno per la mossa estrema il rischio che la situazione si avviti è reale.

Il capo dei deputati Pd Rosato è ottimista: «Ap è responsabile. Una situazione si troverà». Il Pd punta sul fatto che provocare la crisi ora sarebbe suicida per Alfano. Ad Angelino, Renzi ha quindi consigliato di «provare a creare una forza centrista». In caso contrario si procederà a una spartizione delle spoglie: qualcuno, in ordine sparso, troverà riparo nelle liste Pd, qualcun altro in quelle di Berlusconi. Ma una cosa è certa: quel 5% non si tocca.

L’ultimo ostacolo è l’iter stesso della legge, che al Senato non potrà procedere per tempi contingentati ed è dunque esposta a sorprese. Renzi lo sa. Ufficialmente insiste sul 24 settembre ma già prevede le elezioni in ottobre. Solo che Lega e M5S insistono per l’approvazione della legge Richetti contro i vitalizi prima della legge elettorale. E se in Parlamento c’è un terreno scivoloso è proprio quello.