Grosso sospiro di sollievo per il risultato del voto olandese, a Bruxelles, ma soprattutto in Germania e in Francia, due paesi che andranno presto alle urne e dove esiste una minaccia di estrema destra. Reazioni stizzite e minacce, invece, da parte della Turchia, scottata dal rifiuto di Mark Rutte di permettere un comizio sul territorio olandese, per il referendum di Erdogan ad aprile. Il timore era tale, che c’è stata una sequenza di reazioni in Europa che hanno manifestato una volontà di voltare in fretta pagina e di chiudere con il rischio di derive estremiste, grazie a un voto a grande maggioranza europeista.

 

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Angela Merkel si è detta «molto felice» per il «risultato decisamente  pro-Europa, un messaggio chiaro  dopo giorni durante i quali l’Olanda ha dovuto subire accuse e rimproveri inaccettabili da parte della Turchia, una buona giornata per la democrazia». Per il capo della cancelleria federale, Peter Altmaier, il risultato olandese «rende ottimista». Per il neo-ministro degli Esteri, Sigmar Gabriel, «gli olandesi hanno respinto il populismo anti-europeo».

Eguale sollievo in Francia. François Hollande si è congratulato «calorosamente» con Mark Rutte: «I valori di apertura, il rispetto dell’altro e la fiducia nell’avvenire dell’Europa sono la sola vera risposta alle pulsioni nazionaliste e al ripiego su se stessi che scuotono il mondo», ha commentato il presidente francese. Il ministro degli Esteri, Jean-Marc Ayrault si è congratulato con gli olandesi, «per aver bloccato la crescita dell’estrema destra» e aver manifestato «la volontà di lavorare per un’Europa più forte». A Bruxelles, il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ha parlato con Rutte e si è congratulato per «un voto per l’Europa, un voto contro gli estremisti». Per Juncker, gli olandesi hanno «votato in massa per i valori incarnati dall’Europa: società libere e tolleranti in un’Europa prospera» e sarà «un’ispirazione per molti».

Nelle alte sfere di Bruxelles, però, due olandesi devono fare i conti con una sconfitta: Frans Timmermans, vice-presidente della Commissione e Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, entrambi del Partito del lavoro, socialdemocratico, che incassa un rovescio storico – passa da 38 a 9 seggi – dopo aver governato per quattro anni con Rutte e aver difeso, in particolare Dijsselbloem, l’austerità e il rigore imposto alla Grecia.

In Francia, dove si vota tra poco più di un mese, i vari candidati hanno cercato di interpretare il voto olandese a proprio vantaggio, a cominciare da François Fillon, candidato Républicain, che vede nella «vittoria dei partiti di destra e del centro» la prova che «quando la destra e il centro hanno un programma chiaro, difendono i loro valori senza concessioni sono la miglior difesa contro il populismo e l’estremismo» (una critica anche verso il Ps). Il Fronte nazionale si arrampica sui vetri e parla di «vero successo» di Geert Wilders, che «è andato avanti, non era il primo partito di opposizione».

Rabbia turca. Il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, si vendica con l’Olanda e minaccia una prossima «guerra di religione in Europa». Per il ministro turco, «numerosi partiti hanno ottenuto lo stesso numero di voti, un 17% qui un 20% là, ma sono tutti eguali, non c’è nessuna differenza tra ciò che pensano Geert Wilders e i socialdemocratici e questo sta portando l’Europa sul bordo dell’abisso». Erdogan se l’è presa ieri anche con la sentenza della Corte di giustizia europea sul velo nei luoghi di lavoro: «Vergogna all’Europa, abbasso i vostri principi, i vostri valori, la vostra giustizia», la decisione «ha aperto uno scontro tra la croce e la mezzaluna, non c’è altra spiegazione».