Una campagna elettorale austriaca. La Südtiroler Volkspartei (che parte da 17 seggi su 35 in consiglio provinciale) si è già affidata al cancelliere Sebastian Kurz per sostenere il presidente uscente Arno Kompatscher, 47 anni, spostato con sette figli, con un bacino di 81 mila preferenze personali da allargare.

IERI A BOLZANO è letteralmente planato Norbert Hofer: il ministro dei trasporti che fu candidato Fpö alle presidenziali è sceso dal Cessna per il comizio dei Freiheitlichen, il partito secessionista fondato da Eva Klotz. Il doppio passaporto per gli altoatesini di lingua tedesca è il cavallo di battaglia nel voto del 21 ottobre.

E Hofer si rivela un perfetto testimonial: «Non toglie nulla all’Italia, ma dà qualcosa in più ai sudtirolesi, rafforzando il legame con l’Austria. I buoni contatti dei due ministri dell’interno sono un immenso vantaggio per una soluzione positiva della questione». Sulla scheda ci saranno 14 simboli con 419 candidati. Bocciata la provocazione di Fi (il deputato Davide Bendinelli non risiede nella Provincia autonoma), i Verdi annunciano ricorso per l’esclusione di Patrizia Gozzi. Ma è andata molto peggio a Kurt Pancheri, classe 1948, impiegato, da un quarto di secolo militante della Lega Nord di cui è capogruppo al Comune. Depennato preventivamente dalla lista per ordine del commissario Massimo Bessone, fedelissimo di Salvini.

IL VOTO ITALIANO all’ombra delle Dolomiti sarà un test tutt’altro che irrilevante. Il Pd sei mesi fa ha eletto qui Maria Elena Boschi (grazie alla Svp), ma rischia di «pesare» meno della Lega. Verdi e Sinistra unita restano le opzioni alternative.

I nazionalisti si divideranno fra FdI di Alessandro Urzì e gli ultrà fascisti di Casa Pound con Andrea Bonazza. Infine, l’incognita a sorpresa di Team Köllensperger che candida ex M5S o Svp insieme a Petra Priller della Caritas diocesana.

A TRENTO, SI PROFILA invece una trionfale replica della «rivoluzione» registrata il 4 marzo. La Lega – con il simbolo nazionale, senza più Nord e con «Salvini premier» – si affida al sottosegretario alla salute Maurizio Fugatti, commercialista veronese trasferitosi ad Avio, segretario del partito dal 2005. È il presidente della Provincia in pectore grazie al sostegno dell’intero centrodestra: Fi, FdI, perfino l’Udc più Agire per il trentino e altre liste più o meno civiche e autonomiste.

In lizza altri dieci aspiranti «governatori» del Trentino. Il Pd è con le spalle al muro: ha faticato addirittura a riempire la lista, mentre la coalizione è ristretta a Unione per il trentino e Futura 2018, il movimento che si riconosce in Paolo Ghezzi. Tocca a Giorgio Tonini la candidatura di bandiera: 59 anni, sette figli, un passato nella Cisl e da vicepresidente della Fondazione Italia Usa, poi per 17 anni di fila a palazzo Madama. Urne a rischio anche per il Patt, gli autonomisti di Ugo Rossi che si è visto bocciare un po’ da tutti dopo cinque anni di «centrosinistra alla trentina«. Emblematico il bando irrisolto del nuovo ospedale (300 milioni), senza dimenticare l’ombra imbarazzante delle inchieste della Procura sull’Ateneo e sugli appalti sanitari.

A SINISTRA, CI SONO LEU (ma senza i bersaniani) in rigido ordine alfabetico e L’Altro Trentino con i capolista Giuliano Pantano e Daniela Aldrighetti. Insieme sostengono la candidata presidente Antonella Valer: «Abbiamo cercato di costruire un ponte col centro sinistra, sostenendo fino all’ultimo la candidatura di Ghezzi. Davanti all’ineluttabilità, ci siamo organizzati per l’alternativa vera».

Trento servirà a misurare il M5S che ha schierato con largo anticipo Filippo Degasperi: in città aveva raccolto il 22,4% alle Politiche, terzo partito dietro a Pd e Lega. Alle Comunali 2015 valeva l’8% con tre consiglieri eletti.