Esponenti dei Comitati per il No scambiati per sostenitori della riforma. Gli elenchi con gli accrediti per l’accesso ai seggi che non si trovano. Accuse di superficialità lanciate alla Corte d’appelo di Roma dalla quale dipende il voto estero. E i sospetti di possibili brogli che ovviamente si moltiplicano con il passare delle ore. Due ore, per la precisione, durante le quali ai volontari del Comitati per il No è stato impedito di accedere nella grande struttura di Castelnuovo di Porto, a nord di Roma, dove si stavano svolgendo le operazioni preliminari allo spoglio delle schede.

Alla fine tutto si è risolto, ma non senza risvolti polemici e strascichi di sospetti e accuse. «La gestione delle operazioni di spoglio dei voti all’estero, che si sapeva essere delicata, è stata messa in essere con una superficialità e disorganizzazione senza precedenti», accusa il responsabile dell’ufficio elettorale di Sinistra italiana Riccardo Mastrorillo. E il consigliere regionale del M5S Davide Barillari è ancora più espliti: «Sappiamo che ci sono state delle irregolarità nelle due ore in cui non siamo potuti entrare e vogliamo che siano accertate le responsabilità di quello che accaduto – accusa -. Abbiamo saputo anche di schede in cui si vedeva già il voto». Da parte sua la Corte d’appello, indicata da più parti come responsabile del caos, respinge al mittente ogni addebito: se errore c’è stato, dicono i giudici, non è dipeso da noi.

Tutto comincia verso le 14 di ieri pomeriggio, quando davanti al mega centro situato sulla via Flaminia cominciano ad arrivare i vari esponenti dei Comitati. Ai volontari del No, però, l’accesso viene negato. Il motivo: non risultano tra il personale accreditato per lo spoglio. Fuori dal bunker dove sono allestiti circa 1.500 seggi elettorali restano anche i gli attivisti del M5S, ufficialmente anche loro senza accredito. Dopo le prime verifiche, gli accrediti risultano essere stati consegnati in tempo: alle 11,20 de sabato mattina dal responsabile elettorale di Sinistra italiana alla Corte d’appello che, spoegano i rappresentanti del No – «ha erroneamente inserito le designazioni tra i promotori del Sì».

Il risultato è che al momento dell’inizio dei lavori qualche centinaio di volontari restano fuori dal cancello. Uno stop grave, Le operazioni che si colgono all’interno sono infatti decisive per l’accertamento della regolarità del voto. Le schede elettorali sono infatti rinchiuse in una busta contenuta in una busta più grande nella quale è inserito anche il codice identificativo dell’elettore. Ogni busta viene controllata per verificare che lo stesso elettore non abbai votato due volte, oppure che a votare non sia stata una persona che risulta deceduta. Presenziare o meno a queste controlli non è quind secondario.

Dopo due opre di atetsa, al situazione si sblocca, ma solo parzialmente,. menter al corte d’appello dà il via ibera per lpaccesso dei volontari, molti eggi rifiutano la loro rpesenza perché non risultano sugli accrediti in possesso dei presidenti (97 dei quali, tra l’altro, non si sono presentati e sono stati sostituiti in corsa).

Comincia a questo punto un rimpallo di responsabilità, tra i comitati per il No che puntano il dito contro la Corte d’appello e quest’ultima che, per bocca del presidente dell’ufficio centrale per la circoscrizione estero, Giovanni Buonomo, rifiuta di farsi mettere sul banco degli imputati. «L’atto di designazione presentato presso al cancelleria della Corte d’appello conteneva la denominazione di ’Gruppo senatori promotori del referendum’», spiega Buonomo. «Nel pomeriggio di oggi (ieri, ndr) i rappresentanti di detto comitato giunti a Castelnuovo di Porto si sono invece presentati come appartenenti a comitato ’Senatori per il No’, in relazione del quale non risultava pervenuta alcuna designazione». E a questo sarebbe nato l’equivoco.